Olmo, l’adorabile nipote di Patti, ha un disturbo dello spettro autistico ed è seguito nella sua crescita con amore e competenza da un centro specializzato, L’abilità.
Abbiamo posto alcune domande agli operatori del centro, per capire meglio il loro lavoro.
Ci raccontate come è nata la vostra associazione?
L’abilità è un’associazione onlus che inizia la sua storia nel 1998, vent’anni fa, grazie a un gruppo di genitori e di operatori che hanno messo in comune le proprie esperienze per creare insieme risposte concrete ai bisogni dei bambini con disabilità e delle loro famiglie. La mission di L’abilità è quindi quella di aiutare i genitori a costruire un futuro possibile, scoprendo competenze e nuove abilità.
Il nome L’abilità è infatti un gioco di parole tra labilità e abilità divise da un apostrofo. Ogni progetto, ogni servizio realizzato in questi anni muove dall’idea che da una condizione di instabilità la famiglia possa riscostruire un progetto di vita per il bambino.
Quali sono i vostri riferimenti educativi?
I servizi e le attività offerte dall’associazione si ispirano a precisi riferimenti culturali:
- Il modello biopsicosociale proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che interpreta la disabilità come il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute dei bambini e i fattori personali e ambientali in cui vive;
- La cultura dei diritti umani, che considera il bambino con disabilità come persona titolare di diritti, soggetto vulnerabile che necessita di un supplemento di garanzie e di azioni positive che riducano gli svantaggi e garantiscano pari opportunità (L’abilità agisce nel rispetto della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità);
- La centralità dell’esperienza familiare secondo il modello di intervento anglosassone del Family Centred Care, che mira al progressivo potenziamento delle risorse della famiglia.
L’azione educativa si avvale del contributo di differenti approcci teorici e metodologici (modello cognitivo-comportamentale, metodologia Teacch, sistema multimodale della Comunicazione Aumentativa Alternativa, educazione psicomotoria e stimolazione basale, approccio psicoeducativo, pedagogia speciale e pedagogia del gioco), nell’ottica della costruzione di un intervento/progetto individualizzato che parte dai bisogni del bambino e della famiglia e ne valorizza le risorse e le potenzialità.
Di quanti bambini vi occupate e qual è l’arco di età?
Nei diversi servizi sviluppati da L’abilità, ci prendiamo cura di circa 170 bambini, dalla nascita fino ai 10/11 anni.
Quali servizi offrite?
Nel tempo aperto abbiamo aperto uno spazio gioco, centri diurni, un servizio dedicato ai bambini con autismo, una comunità residenziale, sostegno psicologico familiare, interventi educativi scolastici e domiciliari, il sabato del sollievo, per dare qualche ora di libertà ai genitori e ai fratelli. La presa in carico del bambino è trasversale per questo i nostri servizi sono flessibili e integrati.
Per L’abilità prendersi cura di un bambino con disabilità vuol dire prendersi cura di tutta la sua famiglia. E per famiglia non si intendono solo la mamma e il papà, ma anche le sorelle, i fratelli, i nonni, perché intervengono sul nucleo familiare. Per questo i nostri servizi si articolano in due aree: i servizi dedicati ai bambini e quelli dedicati alla famiglia.
Siamo arrivati a questa scelta ascoltando i genitori, i loro bisogni, le loro parole. Un bambino cresce se la sua famiglia sta bene ed è, se serve, aiutata. I bisogni delle famiglie in questi anni sono molto cambiati: sapere come educare il bambino oltre alle terapie, godere di momenti di sollievo, avere occasioni di confronto e ascolto per affrontare le fatiche quotidiane, guardare al futuro in maniera positiva.
Quali professionalità sono coinvolte?
Tutti i nostri servizi prevedono la figura di un coordinatore che gestisce il servizio e coordina un team di educatori professionali specializzati nell’ambito della disabilità.
Inoltre alcuni dei nostri servizi necessitano di altri tipi di figure professionali, come operatori socio-sanitari, infermieri pediatrici, psicologhe e neuropsicomotriciste.
Quale metodo avete sviluppato in questi 20 anni di attività?
Noi non abbiamo un approccio medico, riabilitativo o terapeutico, ma un approccio educativo. Per noi è importante rimettere al centro il bambino con i bisogni e le necessità del suo essere bambino prima di tutto. Tutti i nostri servizi lavorano in sinergia per perseguire lo stesso obiettivo: creare occasioni di benessere per il bambino e garantirgli una vita il più piena possibile, attuare la libertà di scelta, partecipare alla vita della comunità e accedere a servizi e strutture.
Per questo c’è un importante lavoro di rete che coinvolge in un confronto continuo le altre figure professionali che hanno in carico il bambino (neuropsichiatra, insegnanti, terapisti). Questo è uno strumento fondamentale per superare la frammentarietà dei servizi e delle prestazioni a favore di una progettazione integrata di qualità.
Un’altra prassi peculiare è il lavoro di équipe. Durante gli incontri settimanali c’è una costante verifica del lavoro svolto e dei risultati ottenuti, si stimola la riflessione e il confronto tra operatori ed è possibile rileggere in maniera critica le dinamiche educative attivate con i bambini.
Come viene impostato il vostro intervento in rapporto all’istituzione scolastica?
Quella con la scuola è un’alleanza importante. Gli incontri e i confronti con gli insegnanti dei bambini che frequentano i nostri servizi sono costanti e sono uno scambio fondamentale per capire come mettere in atto strategie educative, comunicative e relazionali efficaci.
La nostra associazione organizza anche incontri di formazione per gli insegnanti proprio con l’obiettivo di fornire loro strumenti utili per affrontare le problematiche che quotidianamente possono presentarsi.
Sapete che il nostro blog si chiama Fantastic Nonna e si occupa principalmente del rapporto nonni/nipoti. Quale ruolo affidate nel percorso di cura ai nonni?
Nessun ruolo specifico se non quello, molto importante, che fanno i nonni: stare con i nipoti nel gioco, aiutare i loro genitori, supplire con momenti di sollievo alla quotidianità di cure, terapie.
La presenza dei nonni, soprattutto nella società attuale, è spesso quotidiana nella vita di una famiglia: sono di aiuto nella cura del bambino, diventano compagni di gioco, offrono supporto nelle situazioni di difficoltà, conforto di fronte a eventi imprevisti e dolorosi, speranza di fronte alla crescita e al futuro. Quando si parla infatti di sostegno alla famiglia, a volte si tralascia di prendere in considerazione quello che i nonni stanno vivendo nell’accudire e pensare al proprio nipote, ai suoi limiti, a ciò che diventerà da grande.
Qualche tempo fa abbiamo perciò pensato di creare per i nonni un luogo in cui potessero raccontarsi, confrontarsi e ascoltare. Così è nato il Gruppo Nonni, dove possono trovare informazioni e scambio con altre persone che vivono situazioni simili, spesso difficili e inaspettate. Nel gruppo si confrontano sulle relazioni nella famiglia allargata, sulla fatica di capire come aiutare, sugli affetti da mettere in gioco con nuora e genero.
Che differente approccio hanno, di solito, i nonni rispetto ai genitori? Quali vantaggi offre?
I nonni occupano una posizione differente rispetto ai genitori, perché devono confrontarsi con i problemi di tre generazioni: continuano ad essere genitori dei propri figli, hanno a cuore la vita dei nipoti e sono alle prese con i cambiamenti personali di questa nuova fase della propria vita.
Dall’incontro con i nonni dei bambini che frequentano L’abilità, abbiamo potuto osservare che, rispetto ai genitori, non ci sono differenze nelle emozioni. Il dolore, lo spaesamento, la profonda tristezza, la rabbia, la frustrazione a seguito della comunicazione della diagnosi sono gli stessi dei genitori.
Allo stesso tempo, la diversa posizione nella famiglia consente loro minori responsabilità quotidiane: quando i ruoli sono rispettati, le decisioni riguardanti i nipoti spettano sempre ai genitori e questo consente ai nonni di essere sì di supporto, ma senza sostituirsi. Lo sguardo dei nonni riesce così ad essere più ampio e a tenere conto di diversi aspetti, guardando i propri nipoti per ciò che sono, nelle loro risorse e nelle loro fragilità. Riescono ad essere non solo di supporto alle questioni pratiche, ma anche un importante punto di riferimento affettivo per la vita dei nipoti.
Naturalmente, ci sono differenze tra le persone: come per i genitori, incontriamo nonni che vivono in modo diverso la disabilità. Chi è forte e riesce a vedere progetti di futuro, chi rimane paralizzato nel dolore della non accettazione, chi rinsalda la famiglia nel presente ed è un sostegno per le fatiche dei genitori.
In questi 20 anni di attività, comunque, abbiamo incontrato più genitori che nonni. Questo è un dato che ci dice quanto nella nostra esperienza i ruoli siano più rispettati rispetto a un panorama attuale che riferisce il rischio di vedere nonni che sostituiscono i genitori nella famiglia, sia sulle questioni educative sia su quelle economiche.
Quali consigli vi sentite di offrire alle famiglie che improvvisamente si trovano a dover affrontare un problema di disabilità?
Più che consigli ci sentiamo di offrire il nostro sostegno, anche solo per un incontro in cui sentirsi ascoltati. Ciò che spesso le famiglie lamentano è il sentimento e il vissuto di solitudine di fronte alla disabilità del proprio figlio o figlia. Il percorso di vita va costruito ed è importante non essere soli. Fare rete, cercare aiuto, trovare supporto in altre persone può aiutare a fare chiarezza e piano piano trovare la strada insieme, per il bene del bambino e per il benessere di tutta la famiglia.
Questo il sito dell’associazione L’abilità, da cui abbiamo tratto anche le immagini, tranne l’ultima, che mostra Olmo e i suoi pescetti, con la bisnonna.
Questo il sito di un’altra associazione, La casa di sabbia, che si occupa di aiutare bimbi e bimbe disabili e le loro famiglie, e che seguiamo con affetto e partecipazione. Questa la mia recensione di un libro di favole i cui proventi vanno a questa associazione.
Sono l’ autore autore di “Nel Terzo Tempo” un romanzo che parla del rugby, visto con gli occhi di un genitore, nonché accompagnatore. Ha come protagonista una partita che vissi anni fa contro il Gubbio, che mi ha dato l’occasione di parlare del nostro amato sport e di come esso riesce a coinvolgere tutti coloro che ne vengono a contatto.
Il libro vuole mettere in evidenza l’inclusività di questo sport anche nei confronti delle diversità ed è piaciuto molto alla FIR che mi ha redatto la prefazione. I’ ho presentato in occasione de la partita Italia Georgia a Firenze in sala stampa con il capitano Ghilardini.
La passione dominante del libro è il rugby ma attraverso esso ho voluto parlare di molti valori a me cari. E’ un romanzo che parla delle diversità, della forza per affrontarle superando le difficoltà che in una società poco inclusiva esse creano a chi ne è portatore. Parla anche della resilienza che molti credono di non avere e che invece si scoprono ad un certo punto della loro vita. Sarà la consapevolezza di possedere questa forza interna, questa capacità di autoriparazione che consentirà a Claudio, pilone paraplegico, di ritornare uomo normale e realizzare nel contempo un sogno riposto. Fondamentale sarà l’ aiuto del rugby che io ho voluto fotografare negli aspetti più intimi e familistici, che con la sua inclusività renderà più agevole la risalita dal baratro in cui è precipitato Claudio. Ma il ruolo fondamentale nel difficile percorso di risurrezione l’ho affidato a Achille, un campione di rugby dall’orientamento sessuale non ancora definito. Il rapporto quasi simbiotico fra i due riuscirà a far scoprire la potenza dei sentimenti e dell’amore fra le persone, al di là del sesso, e far intravedere a l’uno e all’altro il cammino da percorrere per concretizzare i loro reciproci, anche se distanti desideri. Il tutto avviene in una cornice sportiva; attraverso la descrizione di una trasferta sfortunata vengono messe in evidenza le peculiarità di questo sport e della sua capacità di travolgere nella mischia tutti coloro che lo incontrano, atleti, familiari, amici, con una forza centripeta irresistibile, perché fa leva sui sentimenti buoni, di cui c’è bisogno in questa società. Anche la storia d’amore fra un accompagnatore anzianotto ed una coetanea, che si va a concretizzare proprio mentre le vicende di Achille, di Claudio e quelle sul campo si intrecciano, risente di questi sentimenti. Essa racconta di un amore proibito ma talmente forte e nobile da essere coltivato da ambedue per oltre quarantanni; alla fine però esso verrà vissuto con la responsabilità che le circostanza richiedono e che è perfettamente rispondente alla personalità dei due personaggi. E’ tutto qui. Scusa se l’ho fatta un po’ lunga, però ci tenevo a farti queste mie confidenze. Ciao.
Grazie, Renzo, per questo tuo messaggio. Mi hai incuriosito moltissimo e cercherò il tuo libro, che mi sembra presenti molti spunti interessanti e profondi. Tra l’altro ha anche una bellissima copertina, complimenti. Poi, andando a indagare su Facebook (scusa la cyuriosità…) ho visto che sei di Livorno, e questo mi fa molto piacere perché gran parte della mia famiglia viene da lì (la famiglia di mia mamma si chiama Menichetti). Un abbraccio.
È bello che ci siano persone che pubblicizzano associazioni di questo tipo! Grazie per averne parlato
Grazie a te per aver letto e commentato!
ciao quando ho lavorato da insegnante ho avuto diversi alunni in situazione di autismo, classicoe e Asperger. Il lavoro con loro era interessante perchè loro sono interessanti e unici L’esperienza di lavoro con loro è arricchenete. Inoltre bisogna sapersi relazionare. Abbiamo avuto molti tutorial per insegnanti per imparare a lavorare con bambini con questo tipo di disagio. grazie del contributo ciao
Grazie a te!
Che grande lavoro che fa questa associazione per i bimbi disabili e le loro famiglie. Davvero grazie e complimenti
Sì, davvero molto bravi, un punto di riferimento per le famiglie che rischiano di sentirsi sole con il loro problema.
Bello questo spazio dedicato al tema della disabilità e questi molteplici spunti di riflessione che aiutano a sentirsi meno inadeguati nell’approccio verso coloro che necessitano di strategie mirate.