Vivo in campagna e, si sa, tra dentro e fuori, tra stufe e camini, con il riscaldamento centrale che si accende proprio se si è obbligati, qui da noi, in casa, caldo caldo d’inverno, o anche d’autunno, non fa mai davvero. E un po’ ci piace.
Ma in realtà, a parte i casi estremi, la percezione del benessere termico è una questione fisica e mentale insieme: oltre che dalle caratteristiche del proprio corpo, dipende dal vissuto, dalle abitudini, dall’umore, dalle convenzioni sociali, da ciò che comunica la gente che ti sta intorno. E naturalmente anche dal movimento che si fa.
Ricordo i miei bambini fare tranquillamente il bagno nel Mar Baltico, dove io non avrei infilato nemmeno un piede (e sono una che nel lago o nel Mediterraneo fa il bagno fino a ottobre).
Se poi c’è da giocare a rotolarsi nella neve, lo sappiamo, nessun bambino si tira indietro, freddo o non freddo. E, se non c’è qualche virus di mezzo, di solito non si ammalano.
Quindi forse siamo noi adulti (sono più timorosi i genitori o i nonni, chi lo sa?) a dover cambiare idea su questo argomento.
Bambini all’aperto in autunno e in inverno
Ben coperti (i pediatri dicono anche di stare attenti alle orecchie per il rischio di otiti), li si deve portare all’aperto, se possibile anche a un’aria buona da respirare, magari nei boschi o almeno in spazi verdi urbani. Ormai sappiamo che in questo modo i bambini corrono molti meno rischi infettivi di quando si trovano in locali chiusi, a scuola, all’asilo, nei parchi-gioco al coperto, o anche in cameretta a giocare. Senza contare il fatto, che stando all’aperto, è molto più ridotto il tempo che passano di fronte a qualsiasi tipo di schermo.
Altri vantaggi sono
- un maggior equilibrio tra apporto calorico e dispendio energetico,
- la conquista dell’autonomia attraverso una più completa espressione del proprio corpo: la componente motoria è infatti un elemento essenziale dello sviluppo psicofisico infantile,
- una maggior propensione alla socializzazione e all’apertura verso nuove conoscenze,
- una maggior curiosità verso gli spazi nuovi e i meccanismi della natura.
Da quando, ogni novembre, vado a trovare la mia nipotina a Berlino, mi sono accorta che nel nord questo timore del freddo proprio non esiste: non c’è asilo che un paio di volte alla settimana non porti i bambini a giocare nel parco più vicino, non importa la temperatura, la pioggia o il fango per terra. E nessun genitore si dimostra preoccupato.
Certo, al freddo si devono muovere, niente passeggino o seduti su una panchina, ma di solito i bambini non hanno bisogno di essere incoraggiati su questo. Ci si rincorre, si gioca a palla, ci si butta sui mucchi di foglie, ci si arrampica sugli alberi. E alla fine, per merenda, ci sta anche un bel gelato (questa aggiunta è mia, che dei gelati, estate o inverno, sono una fanatica).
Qui uno dei molti articoli sulla pedagogia nel bosco e questo il post sul blog di un’esperienza vicina a dove abito.
Sono mamma di una bimba di 3 anni e condivido ogni tua parola! I BAMBINI VANNO PORTATI FUORI; GLI FA BENE 🙂
grazie! sono molto contenta che tu condivida, perché va bene i nonni, ma sono i genitori che devono fare le scelte sulla vita dei piccoli.
Da nordica confermo tutto, il mio vero raffreddore con febbre l’ho presoda adulta quando ho iniziato a prendere la Metro a Milano. Si dormiva con il finestrino a wasistas aperto e alla mattino c’erano “le rose” sui vetri. In bici a scuola, due volta a/r sotto la pioggia, neve e qualche volta ti congelavi le dita dei piedi o delle mani, che dolore! Ma che bei nasini rossi avevamo e quanto ci siamo divertiti a pattinare sui pascoli inondati a fianco del fiume. Tutta salute…
Sì, decisamente meno microbi, e poi tanto movimento per riscaldarsi!
Giusto Rossella! Mia mamma francese ci portava sempre a giocare al parco anche in pieno inverno – io ho sempre portato fuori anche al freddo i miei bambini ben coperti, ne abbiamo tutti un bel ricordo
Grazie, Elena, per il tuo commento! In effetti sono soprattutto gli italiani che faticano ad accettare il fatto che siamo noi a doverci adattare al cambiamento delle stagioni e non il contrario. Nelle città stiamo ben chiusi dentro, noi e i bambini, in inverno con riscaldamento altissimo e in estate con l’aria condizionata.
Anch’io credo fermamente in quello che scrivi e, tutti i paesi del nord, ce lo confermano. Più i bimbi stanno chiusi all’interno e più si ammalano. Stare all’aria aperta invece li fortifica. Per esempio entrambi i mie figli hanno smesso di ammalarsi spesso da quando hanno iniziato gli allenamenti di calcio all’aperto, anche a zero gradi, ormai qualche anno fa!
sì, si cerca il caldo, ma il caldo significa spesso aria chiusa, senza ricambio, dove proliferano virus e batteri.
Da quando sono mamma sono sempre uscita con il mio piccolo in qualsiasi stagione. Fa benissimo a lui ma anche a me!
sì, infatti, sono buone abitudini che valgono per tutti. ma gli adulti paurosi del freddo sono ormai difficili da convincere, mantre con i bambini si tratta anche di educazione.
Ho sempre portato avanti questa grande battaglia sull’ora d’aria con qualsiasi clima o temperatura. Purtroppo in molti temono colpi di freddo o raffreddori e costringono i bambini al chiuso, eternamente coperti e in preda all’aria secca dei termosifoni. Mi è capitato di andare a visitare un asilo in Russia molti anni fa e lì i bambini escono sempre, ogni giorno almeno un’ora. Evitano solo le temperature inferiori ai -15 gradi. E i nostri sempre al chiuso. “Bambini da allevamento” li chiamava mia nonna, per la quale era giusto anche dormire con le finestre aperte!
sì, anche dormire con le finestre aperte è una bella abitudine nordica. Chissà che il covid non porti, tra tutte le negatività, anche qualche novità positiva, dato che a scuola ora si raccomanda di lasciare le finestre aperte in aula.