Enoteca Maria, ovvero tutte le nonne del mondo

Qualche tempo fa  ho pubblicato il post sul lavoro di un giovane fotografo che è partito alla ricerca della cucina delle nonne in diverse parti del mondo. Ne è uscito un libro, con i ritratti delle nonne e, di ciascuna,  il piatto che reputavano più rappresentativo, con ricetta annessa. Bello.

Quest’idea di utilizzare le nonne come testimoni e veicolo di cultura del cibo (e quindi delle varie culture in senso più lato) sta in realtà prendendo sempre più piede. Per esempio con il progetto del critico gastronomico e DJ salentino Donpasta (che in realtà si chiama Daniele De Michele), che ha deciso di partire e intervistare nonne di diversi Paesi sui loro piatti, gli ingredienti, i modi di cucinare. L’aveva già fatto con le nonne italiane, girando per le varie regioni, in un progetto sponsorizzato dalla Treccani e dal Corriere della Sera, Nonne d’Italia in cucina.   Qui potete vederne una straordinaria (nonne vegetariane, non guardate!). Bravo.

Ma su questo tema la scoperta che mi ha fatto entusiasmare più di tutte è un ristorante di New York, anzi di Staten Island, l’Enoteca Maria. Purtroppo è ancora soltanto una scoperta nel web, ma spero prima o poi di andare a provare questo ristorante che ha deciso di far entrare nella sua cucina le nonne di tutto il mondo. Accanto al tipico menu italiano, ogni giorno  si alternano proposte di cuoche esperte, abitanti negli Stati Uniti ma provenienti da ogni parte del globo, che propongono piatti tradizionali legati alle cucine dei loro Paesi di origine.

In effetti, l’idea è nata proprio dalla considerazione che quasi tutti i grandi chef, quando vengono intervistati, rivelano che la passione per i fornelli ha origine nella cucina della propria nonna, che ha saputo comunicare loro conoscenze di base ed entusiasmo per questa arte. A questa innegabile verità si è aggiunto il desiderio  di valorizzare, in questi tempi di contrapposizione e diffidenza, le diverse culture che compongono la salad bowl newyorkese, dove le centinaia di etnie presenti convivono senza mescolarsi. Cucina è cultura, si sa; è anche storia e geografia, ma soprattutto è un importante strumento, in questo mondo sempre più multietnico, per migliorare la reciproca conoscenza, per apprezzare il meglio dell’altro, per imparare sempre qualcosa di nuovo e aprire la mente.

Le nonne in cucina sono una quarantina, originarie di Venezuela, Polonia, Giappone, Ecuador, Turchia, Nigeria, Argentina, Grecia, Bangladesh, Kazakistan, ecc. ecc. Molte di loro presentano ricette povere, imparate in villaggi di campagna o nelle periferie urbane, che però provengono da tradizioni millenarie: il loro segreto sta spesso nella capacità di creare piatti appetitosi con pochi ingredienti a disposizione. All’inizio molte di loro sono perplesse sul fatto che i piatti che preparano da sempre possano essere apprezzati da un pubblico più vasto della propria famiglia, ma la risposta è in genere talmente positiva che escono appagate e felici dalla loro esperienza.

La proposta dell’Enoteca Maria non si limita a proporre giornate a tema geografico, ma si occupa anche di trasmettere il sapere delle nonne.  Ogni giorno la nonna in cucina diventa anche insegnante, in un rapporto uno a uno, gratuitamente. Ci si può prenotare al ristorante o sul sito (ormai con una lunga lista d’attesa), ma non si può fare richiesta per una nazionalità specifica, chi capita capita.

E poi c’è un’altra cosa che mi è piaciuta moltissimo: l’enoteca ha dato il via a un archivio, Nonnas of the world, dove chiunque può raccontare la vita della propria nonna, pubblicare delle sue fotografie e rivelare a tutti una sua più o meno famosa ricetta. Bello scavare nelle memorie e nelle cucine… Io, potete starne certe, lo farò quanto prima.

 

La foto di copertina è tratta dal sito dell’Enoteca Maria.