Finalmente a casa, un libro e un film

Girando su un canale televisivo secondario, sono incappata nel volto interessante e intelligente di Anne Bancroft, già anziana, qui nel ruolo di una nonna, ma sempre bellissima. Il film è Finalmente a casa, di Mark Jean, Homecoming nella versione originaria.
La storia è quella dei bambini Tillerman, due fratelli e due sorelle, che sono stati abbandonati in auto nel parcheggio di un supermarket dalla madre, molto amata, ma affetta da gravi disturbi mentali. I quattro fratelli devono perciò cavarsela da soli e trovare un posto dove vivere. Dicey, la maggiore, ha tredici anni: è una ragazzina saggia, profonda e concreta, e sente su di sé la responsabilità dei fratelli più piccoli. Riesce, dopo varie avventure, a portarli da un’improbabile zia che sta decidendo di farsi suora e che rivela l’esistenza di una nonna materna nel Maryland. Le soluzioni prospettate dai servizi sociali prevedono di separarli, ma per loro non è una soluzione accettabile in nessun caso.

I Tillerman on the road

Dicey decide allora di intraprendere con i fratelli un non facile viaggio attraverso gli Stati Uniti, per raggiungere la nonna Abigail che non ha mai conosciuto. Quando i ragazzi arrivano alla casa della nonna, trovano una donna inaridita, solitaria e amareggiata. Nella zona Abigail è considerata un po’ matta, una diversa, una che non ha voluto integrarsi nella comunità.

L’arrivo dei quattro nipoti non la riempie di gioia. Anzi, fa di tutto per scoraggiarli, pur accettando malvolentieri di dare loro ospitalità per un breve periodo. I ragazzi tentano di piacerle, perché in fondo questa nonna è tutta la famiglia che hanno. Non si fanno scrupolo di dire chiaramente ciò che pensano di lei e del suo comportamento egoista, ma rispettano a loro modo le regole e l’aiutano come possono, cercando di rendersi indispensabili: per esempio dandosi da fare nell’orto che per Abigail, poverissima come possono essere poveri in certe campagne americane, è un’importante fonte di sostentamento.

Dicey riesce a parlare con la nonna e farsi confessare il suo segreto: un marito rigidissimo, a cui lei non ha saputo o voluto opporsi, causando così la fuga dei suoi tre figli (uno di quali è morto in Vietnam) e la distruzione della famiglia. Capisce anche che il timore di accollarsi la responsabilità dei nipoti deriva dalla paura di Gram (come i ragazzi la chiamano) di ripetere errori già commessi.

Finalmente a casa

Anche se via via le sue asperità si allentano, la nonna decide di non commuoversi e il piano resta quello originario: i ragazzi devono tornare da dove sono venuti, accettando le proposte dei servizi sociali. Ma l’autobus che li deve portare via se ne va senza di loro, perché Abigail alla fine decide di dare a se stessa e ai nipoti una possibilità, quella di ricreare una famiglia. La scena finale vede la nonna che, guidando la sua sgarrupata barca a motore, gira la prua per portare i nipoti finalmente a casa.

Una scrittrice non solo per ragazzi

La storia è tratta dal romanzo di esordio (Homecoming, 1981) di Cynthia Voigt, una scrittrice molto conosciuta negli Stati Uniti come autrice di libri per ragazzi, o, come si preferisce dire ora, per giovani adulti. In realtà, come per tutti i libri scritti bene, molti libri di Voigt sono piacevoli e stimolanti da leggere per tutte le età. Homecoming è diventato poi il primo libro di una serie, il Tillerman cicle. Oggi Cinthya è la nonna di una bella famiglia e continua a scrivere. Questo il suo sito, in cui parla anche di sé.

In Italia il libro è stato tradotto e pubblicato da Fabbri, con il titolo Voglio tornare a casa, ma credo sia difficile trovarne una copia in libreria, più facile sulle bancarelle dell’usato.

Un film godibile e profondo

Tornando al film, è una visione perfetta da godere su un divano avvolti in una coperta. Ottima recitazione (rovinata da un doppiaggio un po’ così, forse sarebbe meglio in inglese con sottotitoli), una meravigliosa Anne Bancroft e anche i ragazzi bravissimi. Limpida la fotografia e bella anche la colonna sonora, di Snuffy Walden, molto America profonda, come è giusto.

Dalla trama potrebbe sembrare un film un po’ buonista, on the road ma con un lieto fine, e stop. Ma in realtà penso sia molto di più. Prima di tutto è una bella storia, con personaggi ben delineati e profondi, molto probabili nel loro ambiente e nelle loro relazioni. Ma tocca anche tematiche interessanti, come quella dell’appartenenza (a un luogo, alle proprie radici, a una famiglia) e dello strappo alle convenzioni sociali: di nonna Abigail e di sua figlia, certo, ma anche di Dicey, che lotta per i suoi fratelli contro la società e si comporta, ragazzina tredicenne, come un maschio capofamiglia, ribaltando anche i ruoli di genere.

L’America di Dorothea Lange

Come dicevo, il libro è del 1981, mentre il film è del 1996, ma le atmosfere di quell’America povera e scarna, dove si lotta quotidianamente per la sopravvivenza, sono simili a quelle che abbiamo imparato a conoscere dalle foto di Dorothea Lange. Le immagini di questa fotografa, ormai celeberrime, raccontano, utilizzando il realismo ma provocando un alto tasso di emozione, la vita di famiglie contadine costrette ad abbandonare le campagne per il Dust Bowl, le tempeste di sabbia degli anni Trenta. Ma forse, dopo oltre vent’anni dall’uscita del film e ottanta dalle foto di Lange, situazioni come queste sono  presenti ancora oggi, nella vasta America dai mille contrasti.

Dorothea Lange - Dust Bowl

Dorothea Lange

Questa la mia recensione su di un altro ‘on the road movie’ americano, con nonna e nipote come protagoniste.

Questo invece è un post su una brava fotografa neozelandese, Niki Boon, che richiama le atmosfere dell’America di Dorothea Lange.