In Somalia, la nonna dei rifugiati

Una storia che merita di essere raccontata è quella di Hawa Adbi, che in Somalia è chiamata la nonna dei rifugiati.

Nata nel 1947 e rimasta sola con i fratelli più piccoli a 11 anni, è stata data in moglie a 12. Ciononostante, con l’aiuto di una borsa di studio assegnatale della Russia, è riuscita a laurearsi in medicina all’università di Kiev. Come specializzazione ha scelto ginecologia, proprio perché aveva visto la madre morire di parto.

Nel 1983 ha aperto un piccolo ambulatorio per la salute delle donne e dei bambini a 20 chilometri da Mogadiscio. Ma allo scoppio della guerra civile, nel 1991, Hawa ha aperto la porta e il locale si è trasformato in un sito di prima accoglienza e di cura per i profughi. E quando è diventato insufficiente, la gente si è sistemata in tende e sotto gli alberi,  occupando lo spazio intorno, ben presto diventato uno dei più grandi campi profughi del Paese. In 22 anni sono passate per questo accampamento oltre 90 mila persone.

Uno dei grandi errori dell’opinione pubblica europea è infatti quello di ritenere che quasi tutti i profughi arrivino in Europa. Sono invece Paesi di altri continenti, confinanti con zone di guerra, che accolgono la maggior parte dei profughi, in percentuali enormemente maggiori rispetto al Pil (cioè alla ricchezza) e al numero complessivo di abitanti.

Nel planisfero la distribuzione dei rifugiati nel mondo (dati UNHCR 2015).Screenshot 2016-05-10 10.28.37

Ora l’emergenza profughi in Somalia si è in parte attenuata, ma restano altre emergenze, le cui conseguenze Hawa Adbi, le sue figlie e la loro équipe affrontano ogni giorno nel loro ospedale, occupandosi sempre di donne e bambini: povertà, malnutrizione, carenza d’acqua, cattive condizioni igieniche. Un altro ambito di intervento considerato fondamentale dalla Fondazione che oggi si occupa di tutte queste attività è quello dell’istruzione delle bambine, strumento irrinunciabile per lo sviluppo di qualsiasi Paese (di importanza dell’educazione delle bambine si parla anche qui).

 

La foto di copertina, Hawa e le sue figlie, è tratta dal sito della Fondazione DHAF.

Se volete conoscere meglio la storia di Hawa leggete la sua autobiografia, Tener viva la speranza, pubblicata in Italia da Vallardi. In questo articolo de Il Post potete leggerne un capitolo.

Qui un video con l’intervento di Hawa e sua figlia Deqo al TED.