La culla di Alvar Aalto

Circa 32 anni fa i nostri amici Claudio e Monica erano giovani genitori in attesa. Noi avevamo già due bambini, ma nessuno dei nostri amici più cari ci aveva ancora imitato. Quindi la nostra eccitazione era notevole: non saremmo più stati la sola famiglia con figli…

In quel tempo giravamo spesso per i mercatini dell’usato, una passione soprattutto mia (Paolo non l’ha mai amato). Ma non pensate a mercatini come quelli di oggi, spesso imprese commerciali vere e proprie che fanno della polvere un sottofondo per far risaltare mobili perfettamente restaurati e oggetti vintage dal dubbio funzionamento, ma costosi come manufatti in copia unica.

Noi passeggiavamo in quelli che erano piuttosto grandi depositi sul retro delle parrocchie, dove si accumulavano lasciti di pie donne defunte: mobili tarlati o di antiquariato (vero ma quasi sempre malmesso), ceramiche di Limoges, pizzi ingialliti, occhiali da vista, abiti da sposa, orologi, cristalli e giocattoli di plastica, tutto indifferenziato, polveroso e senza un prezzo ipotizzato, né tantomeno stabilito.

Dunque, girando per uno di questi dalle parti di Lambrate (chissà se c’è ancora, me lo chiedo da anni, se fosse rimasto così meriterebbe una visita) abbiamo notato, nascosta tra un vecchio cassettone dai cassetti pieni di biancheria e una montagna di sedie disparate, una culla dal design modernissimo, molto in ordine, che brillava di luce propria in mezzo a tutto quel vecchiume. Chiaramente era un design nordico (danese, svedese o finlandese), quello che avevo cominciato ad apprezzare su libri e riviste grazie a mia cognata Anna, più giovane di me, ma dai gusti estetici molto precisi.

Bene, quella culla doveva essere nostra. E immediatamente abbiamo pensato al bimbo in arrivo: che bel regalo di benvenuto per il piccolino dei nostri amici! Così inizia la contrattazione con il vecchio prete, che praticamente non c’è stata, visto che, se non ricordo male, ci chiese qualcosa come ventimila lire, una spesa che potevamo permetterci anche allora, in quei tempi di grande magra.

Abbiamo portato a casa la culla e l’abbiamo ripulita. Nel frattempo c’è venuto un dubbio: quel legno curvato, quella stoffa dal disegno rigoroso, forse l’avevamo visti da qualche parte, ma non ricordavamo dove. Un amico architetto, esperto di design scandinavo, ha confermato: Ma certo, è una culla disegnata da Alvar Aalto. Immaginatevi l’emozione: in quegli anni Alvar Aalto per noi era proprio un mito, un esempio di pulizia e purezza di linee unite alla funzionalità e al servizio per la comunità. Un paio di estati dopo avremmo addirittura fatto un viaggio in Finlandia con i bambini seguendo le tracce delle sue architetture pubbliche e private.

Quindi, sempre più eccitati, abbiamo consegnato il regalo: sapevamo che Claudio e Monica avrebbero capito e apprezzato quanto noi. E così è stato.

Ma la storia di questa culla non si è fermata lì. Con opportuni rinnovamenti di materasso (Monica è perfetta su questo) e aggiustamenti vari, ha continuato a entrare nelle case di amici e parenti dove era in arrivo un neonato. A noi è arrivata per la nascita di Francesco, 23 anni fa, e l’abbiamo portata a Berlino per la nascita di Jimi. Ora è tornata a Claudio e Monica che stanno per diventare nonni per la prima volta, magistralmente restaurata e perfetta nella futura stanza di Martina.

Ma ci potete giurare, altri neonati ci dormiranno nei prossimi anni. Lunga vita alla culla di Alvar Aalto!, emblema degli oggetti belli, funzionali, amati e riciclati, contro il consumismo e l’acquisto ad ogni costo.

Ora, nostro figlio Martino, architetto e felice fruitore di questa culla per sua figlia Jimi, ci avvisa che non ha trovato riscontro nei testi che questa culla sia veramente opera di Aalto. Ma in fondo a noi poco importa: l’abbiamo sempre creduto e ci ha regalato emozioni, per cui va comunque bene così. E poi, il fatto che servirà ancora per una schiera di futuri bambini toglie importanza al valore dell’autenticità: nessuno la venderà mai!