La farinata di ceci della mia infanzia

Mio padre, da buon ligure, ha sempre avuto una sfrenata passione per la pesca. Costruiva i palamiti insieme a suo fratello Elvio: con santa pazienza, li innescavano con uno strano pasticcio che preparavano con le loro mani, per poi buttarli a mare, pescare e  tornare a riva trionfanti con il loro (spesso ricco) bottino.

Papà a volte portava a pescare anche me e le mie sorelle, cosa di cui noi avremmo volentieri fatto a meno. Ma lui, caparbio, non capacitandosi del fatto di aver generato tre figlie femmine, pur di averci a bordo ci allettava facendosi preparare da sua madre, la nonna Lidia, una croccante farinata da distribuire nei momenti di sconforto a tutto il suo giovane equipaggio. Era forse una magra consolazione, ma cullate dal dondolio della barca, grazie al gustino della farinata immaginavamo di essere vecchi lupi di mare in balia della tempesta!

In realtà, qualcosa di vero in questa rievocazione c’è!  Una delle leggende che racconta l’origine della farinata parla di una galea genovese ai tempi delle Repubbliche marinare che, durante la battaglia della Meloria contro i pisani, si imbatté in una terribile tempesta. Nel trambusto i barili di olio e i sacchi di ceci si rovesciarono, mischiandosi e inzuppandosi di acqua salata. Siccome le provviste erano scarse, la strana poltiglia che si era prodotta in stiva non fu gettata, ma data come cibo ai prigionieri pisani che erano a bordo. Sdegnosamente, molti di loro la rifiutarono, lasciandola in coperta sotto il sole, che la cosse e seccò fino a trasformarla in una specie di frittella dorata.

Il giorno dopo, spinti dai morsi della fame, alcuni galeotti l’assaggiarono, scoprendo il delizioso sapore della focaccetta. Arrivati a terra, i genovesi ripeterono l’esperimento, ma decisero di cuocere la mistura in un forno a legna. Diventò così un piatto tipico genovese, chiamato però, per scherno agli avversari, ”l’oro di Pisa“. Oltre che a Genova, la ricetta si diffuse in molti altri porti del Mediterraneo (dove ancora oggi è chiamata con nomi diversi: torta di ceci, o anche solo torta, a Livorno, cecìna a Pisa, fainé in Sardegna,  socca in Costa Azzurra, karantika in Algeria) e anche oltreoceano, dove sono arrivati gli emigrati italiani.

Ricetta farinata per una teglia di 35 cm. di diametro:

  • 200 gr di farina di ceci
  • 6 dl di acqua
  • 1/2 bicchiere di olio evo
  • sale e pepe qb

Innanzitutto versate la farina di ceci nell’acqua avendo cura di sciogliere tutti i grumi. Poi aggiungete due pizzichi di sale (l’equivalente di 1 cucchiaino da caffé) e lasciate riposare, mescolando di tanto in tanto, per circa 5 ore.

Terminato questo tempo, passate il composto attraverso una schiumaiola, in modo da eliminare tutta la schiuma che si è formata in superficie.

Preriscaldate quindi il forno a 250°; nel frattempo, ungete abbondantemente la teglia con due cucchiai di olio extravergine. Le teglie ideali sono quelle in rame zincato che si vendono a Genova nelle botteghe dei “fainotti”, bellissime anche da vedere appese in una cucina. Ma potete fare la farinata anche in una teglia normale.

Quando il forno ha raggiunto la giusta temperatura fate scaldare la teglia oliata per qualche minuto. Poi versate il composto nella teglia e, successivamente, l’olio restante.

Lasciate la teglia per 10 min a contatto con il fondo del forno, quindi alzatela nella parte più alta per circa 10-15 minuti.

Sfornate quando la farinata risulta ben dorata in superficie, spolverate con pepe nero e servitela calda.

In barca, tornate da scuola, nel pic nic della domenica: per noi bambine ogni momento era perfetto per la farinata. Ancora oggi penso che sia un’ottima merenda, buonissima e forse più sana della pur magnifica focaccia ligure; tra l’altro completamente priva di glutine. Qui la ricetta di un’altra appetitosa merenda salata (e senza glutine) della mia famiglia.

E leggendo questo post potete fare un po’ pratica di inglese 😉