Ma te lo aspettavi, nonna?

Che cosa aspettarsi dopo il grande evento? Alcune mamme blogger hanno deciso di raccontare la differenza (a volte minima, a volte immensa) tra ciò che ci si immagina durante l’attesa di un bebè e la realtà dei mesi e degli anni seguenti. L’idea è di Isabella, mamma all’estero: questo il suo blog e questo il post che ha dato il via alla serie #cosaapettarsidopochesiaspetta.

Trovo sia uno spunto molto carino per raccontare l’esperienza di maternità che sappiamo tutti quanto sia sconvolgente. Nel male, perché la fatica è tanta, le notti in bianco infinite, il tempo dedicato a noi stesse annullato, ecc. ecc. Nel bene, perché, almeno per il primo figlio, a dispetto di tutto ciò che ci avevano raccontato, non eravamo comunque pronte a tanta felicità e a tanto amore.

Ma ormai sono nonna. Se per qualcuno può essere divertente, o storicamente interessante, ascoltare il racconto di una maternità di trenta e passa anni fa, sappia che prima o poi ne scriverò.

Ma ora voglio presentare il punto di vista delle nonne. Che cosa si aspetta una nonna dall’arrivo di un o una nipote? Quanto di imprevedibile è capitato dopo che lei, figlia o nuora che sia (anche se le due cose possono essere ben diverse, naturalmente), ha partorito? Che cosa ci ha dato e come ci ha trasformato quel bebè (meraviglios@, unic@, più bell@ di tutti! e mi spiace per le altre nonne che non ce l’hanno così bell@…) che sta crescendo e che ci chiama nonna? E soprattutto, ce lo aspettavamo? Insomma, fu realtà o fantasia?, come diceva il narratore all’inizio di Rocky Horror Picture Show…

La mia realtà di nonna a distanza è un po’ particolare, anche qui nel bene e nel male: essere lontana è triste e bello allo stesso tempo.  Ma tutte le storie delle nonne sono particolari. Così, ho deciso di chiedere un contributo a qualcuna delle mie amiche, invitandole a dire liberamente una o due cose sulla propria nonnitudine, prima e/o dopo quello sconquasso epocale che è l’arrivo di un nipote.

Carla

(l’amica che ho costretto a raccontare)

Non so esattamente che cosa mi aspettassi dal diventare nonna. Forse gestire una replica di mia figlia Laura, magari una versione più loquace. Una bimba tranquilla, da vestire con abitini a righe, golfini blu e sciarpe spiritose.

Certo non mi sarei mai aspettata l’uragano caraibico che è arrivato tra noi. Alice ha quasi cinque anni e la sua personalità è già ben definita. E’ allegra, solare, socievole, tutta proiettata verso l’esterno. Ama i colori forti, le gonne ampie di tulle, ogni tipo di addobbo e di decoro, i nastri tra i suoi bei capelli ricci. Balla appena sente una musica, meglio se sudamericana. E’ creativa: canta e disegna, felice dei mille giochi che il suo papà inventa per lei.

Adora le sceneggiate: quando la mamma la lascia a noi, a volte, ma solo a volte, decide che non può vivere senza di lei, e sono urla, pianti, lacrime e frasi strappacuore. Ma siamo tutti convinti che sia soprattutto teatro: per Alice il gusto della rappresentazione teatrale vale più di ogni cosa. Laura lo sa e non si lascia commuovere più di tanto. Per me (e anche per il nonno, devo dire) è un po’ più difficile e ne esco sempre stravolta. Ma basta un abbraccio appassionato e un ‘nonnina, nonnina’ per farmi dimenticare la tragedia greca di pochi minuti prima.

Quest’estate è andata con mamma, papà e fratellino a trovare gli altri nonni nella Repubblica Dominicana. Il papà l’ha messa sulla tavola da surf e lei s’è trovata subito a suo agio, forte e stabile, in equilibrio e con i movimenti giusti.

Ecco, cosa vi dicevo? Per una nonna che ama soprattutto stare tra i libri, questa nipote non è un affascinante uragano?

alice surf

Monìca

(new entry nel blog, d’altra parte nonna da pochissimo)

Credo di non essermi davvero resa conto di cosa abbia significato diventare nonna fino a quando, quest’estate al mare, sono rimasta da sola con Martina alcuni giorni, poco prima del suo primo compleanno.

E’ stato in quella situazione che ho capito che non ero più solo una mamma, ma ero a tutti gli effetti diventata nonna. Certo, potevo richiamare l’esperienza di quando ero diventata madre, seguire scupolosamente tutte le istruzioni lasciatemi dai suoi genitori, ma era tra noi due che avrebbe dovuto crearsi un nuovo legame.

La prima giornata è passata tranquilla. Alla sera, però, dopo la pappa,  Martina ha incominciato improvvisamente a piangere. Non è stato semplice consolarla, ma ci sono riuscita e si è addormentata tranquilla. Ma nella notte si è risvegliata piangendo. Allora l’ho presa in braccio, l’ho cullata, le ho cantato la ninna nanna e lei lentamente mi ha abbandonato il suo peso e, alla fine, si è lasciata andare al sonno. Ecco, mi son detta: ci sono riuscita. No, in realtà ci siamo riuscite: perché la piccola si è fidata di me.

Nei giorni seguenti siamo state molto bene insieme: l’estate, il mare e la mia disponibilità totale hanno aiutato.  Anche se, al termine delle due settimane, mi sono pesata e ho scoperto di essere dimagrita di ben due chili!

Monica e Martina addormentata

Mariagrazia

(che ci racconta mostre, libri e spettacoli, come qui)

Sono a quota due e spero che ne arrivino tanti altri! Parlo dei nipotini, naturalmente. Sì, ma ora, per favore, break!  Fatemi prima riprendere.

Leone adesso ha quattro anni, lui ha fatto da apripista. Emozione fortissima fin dall’annuncio. Quando è nato ho pianto e ogni piccolo progresso sembrava una magia. Non parliamo poi di quando ha iniziato a gattonare, i primi passi, le prime parole. Insomma, quando mi hanno detto che sarebbe arrivato il secondo, non pensavo proprio che mi avrebbe preso il cuore più di Leone.

Invece poi è arrivato Folco. Diversissimo sia di aspetto sia di carattere, è cresciuto in un attimo sulla scia del fratello. E’ bellissimo (per nonna sua, ovviamente!), è forte e simpatico.  Ha anche un’andatura così buffa… Non cammina, saltella, e ogni volta che lo vedo mi sciolgo. E fin qui tutto bene.

Quest’estate abbiamo condiviso con loro diverso tempo e devo dire che io e nonno Luciano arrivavamo a sera abbastanza provati. Seguire Folco, che non ha ancora due anni, non è cosa facile. Sua specialità è mettersi nei guai, da cui deve essere tirato fuori prima che la questione si faccia davvero seria.  Leone è più riflessivo, ma insieme i miei cari angioletti in un attimo sanno trasformarsi in diavoli scatenati.

Cominciano per gioco a rotolarsi sul prato o sul lettone, poco importa, saltandosi addosso e ridendo come matti. E noi a guardarli, sorridendo e dicendoci complici: “Che carini, come si divertono!”.  Ma, all’improvviso, in un nanosecondo, cominciano a partire pizzichi, morsi, graffi, e visetti congestionati e rabbia e lacrime.  Ai nonni si spegne il sorriso, scambio di sguardi preoccupati e non resta a quel punto che darsi da fare per sciogliere il groviglio. Ma non è mai una cosa semplice.

Qui entra in gioco una delle caratteristiche che non deve mai abbandonare una nonna: l’ottimismo. Sono convinta infatti che i prossimi anni andrà meglio: crescendo, i miei due scalmanati diventeranno più calmi e tranquilli, e non litigheranno più. Lo so, lo so che le mie amiche che hanno nipoti più grandi dicono che non è così, ma io ci credo fermamente. E poi, li amo così tanto!

Mariagrazia e Folco

Patti

(famosa per le sue ricette della memoria, come questa)

L’attesa di un nipotino è un momento delicato che, inevitabilmente, segna il passare del tempo e che permette anche di ripercorrere gli anni della tua maternità con molta dolcezza. Io, giovane mamma, provavo sempre il desiderio di stringere fra le braccia i miei neonati. Li adagiavo sul petto e li accarezzavo con molta energia. Sì, perchè è nella mia natura la passione più che l’affetto discreto!

Durante i mesi di attesa come nonna mi chiedevo se le mie prorompenti effusioni sarebbero state bene accolte dal nuovo fagottino. Chissà se potrò accarezzarlo, annusare il suo profumino, sbuffettare le cicce con libertà? E la mamma, il papà mi consentiranno tanta intimità con il loro piccolo? Vaghi pensieri di futura nonna…

Un timore molto concreto era invece quello di essere reclutata a tempo pieno come nonna babysitter! Banale? Niente affatto! Erano tanti i motivi che mi sollecitavano a non dimenticare il diritto di godere appieno la mia libertà. Gli anni passano, si hanno meno energie e si sente il bisogno di affrontare gli impegni con tempi più lunghi.  Smettendo di lavorare, è inebriante anche l’idea di potersi dedicare a progetti nuovi. Ma sarebbe stato difficile conciliare tutto questo con l’accudimento di bambini. Insomma, ero sicura: dovevo dire no a un full time coatto!

Ma qui cominciavano anche i dubbi: se Camilla, la mia bambina, avesse avuto assoluto bisogno di me, se il suo lavoro le avesse imposto orari impossibili, se la sua organizzazione familiare fosse crollata senza la mia costante presenza? Come avrei potuto dire di no? E allora, che fine avrebbero fatto i miei viaggi, le mie amicizie, i miei corsi, il mio Tai Chi, le fughe in campagna?!!!

Oggi, a distanza di quasi quattro anni dalla nascita di Olmo, posso tirare le somme. Fortunatamente, sono riuscita a ben equilibrare la nonnitudine con impegni e desideri. Mi godo il piccolo due o tre volte la settimana, mentre posso dedicare il resto del tempo ai miei piaceri e, perchè no, anche ai doveri, ma slegati dal ruolo di nonna. E poi, certo, per le emergenze cerco sempre di essere disponibile.

E sull’altro fronte? Ecco, su quello sono proprio una nonna soddisfatta. A Olmo infatti piace da morire farsi pasticciare, adora il mio ‘prottare’ nel suo collo e il solletico nel pancino. Soprattutto, appena può, viene a cercare protezione e serenità nelle mie coccole e sul mio seno morbido!

Olmo su Patti addormentata

Silvia

(che con le sue opere d’arte e la sua ironia ci racconta difficili realtà, come qui)

All’inizio ho pensato: essere nonna è favoloso, hai i vantaggi di avere un/una piccolo/a senza gli obblighi che hai quando sei madre. Non devi fare delle scelte sull’alimentazione, sui vaccini, sull’educazione, ecc. Sei libera: su tutto questo decidono mamma e papà. E tu ti godi quell’esserino stupendo senza ansie e pensieri.

Solo dopo ho realizzato che LA NONNA adesso dovrei essere io, quella saggia dispensatrice di consigli, quella che detiene la memoria della famiglia, pronta ad accogliere tutti e sempre disponibile a cucinare pranzi e cene pantagruelici.

Ma non sono sicura che potrò mai dispensare consigli o essere considerata saggia. Mio nipote Pablo dice che sono un po’ pasticciona e ha ragione.

Malgrado ciò sono felice di essere nonna.  Mi diverto un mondo immaginando le storie di Pancrazio e Pancrazia che racconto al mio nipotino.

Ogni tanto mi guardo con sospetto allo specchio e chiedo a quella sessantanne che sono diventata se sono adatta a fare la nonna. Sorrido perchè naturalmente conosco la risposta.

silvia levenson con pablito, mostra murano ph. paolosacchi

la Gnogna

(nonna in incognito, che conoscete già per le sue cronache)

Questa Gnogna prima di divenire, per l’appunto, Gnogna, era solo una mamma, con un discreto curriculum di educatrice (oltre la laurea in pedagogia), era un donnino ormai stagionato e saggio che dispensava buoni consigli, e soprattutto che storceva un po’ il naso e ridacchiava fra sé e sé per la nonnitudine dolciastra che rilevava nelle amiche già nonne…

Poi, di colpo… la NEMESI!

Appena investita del ruolo di nonna ecco la metamorfosi (decisamente kafkiana) in Gnogna: un mostruoso essere privo di dignità, vergognosamente prono ai voleri del nipote e bollato dalla figlia come soggetto incapace di nutrire, vestire, educare un bambino. Stracciata la laurea in pedagogia e perso ogni decoro, eccola mostrare in giro le foto del pargolo, gongolante più di Gongolo.

Conclusione: mi aspettavo proprio questo e ne sono felicissima.

Eccovi ora i post delle altre mamme:

E questo il disegno sul tema di Stefania, bravissima narratrice a fumetti. Qui il suo blog.

disegno stefania gervasoni