Memoria, mostra di James Nachtwey a Palazzo Reale

Sono stata a vedere a Palazzo Reale di Milano la mostra di James  Nachtwey, Memoria.

Nachtwey è un grandissimo fotoreporter statunitense, considerato spesso dalla critica l’erede di Robert Capa. In 35 anni di lavoro, ha seguito le storie di popoli in guerra, in lotta contro la siccità e la fame, vittime della povertà e dell’inquinamento, oppressi da governi razzisti e dittature, nei viaggi della speranza verso una nuova vita. Ha fotografato soldati, donne e bambini, giovani, anziani, fedeli di diverse religioni. Ha testimoniato episodi di terrorismo e il terribile risultato della miseria sommata alle calamità naturali.

Le 200 fotografie della mostra sono la summa di reportage che hanno toccato decine di Paesi di vari continenti: tra gli altri, l’Europa di Bosnia, Romania, Kosovo, Cecenia, l’Africa di Ruanda, Sudan, Sudafrica, l’Asia di Indonesia, Israele, Afghanistan, India, Pakistan.

Proprio dall’Asia ha avuto inizio il suo desiderio di diventare fotoreporter: la guerra del Vietnam ha profondamente influito sulla scelta di vita di questo giovane studente di storia dell’arte e l’ha portato a proporsi come freelance per diversi quotidiani e riviste newyorchesi. Il primo lavoro all’estero è stato in Irlanda del Nord, durante lo sciopero della fame di membri dell’IRA.

In tutti questi anni, in tutti questi viaggi, è sempre stato dalla parte della gente, non importa se di qua o di là di un conflitto. Un po’ come fanno Emergency o Medici senza frontiere, che non si interrogano su chi stanno curando, ma curano tutti i civili indifferentemente, perché tutti sono vittime di scelte criminali fatte da altri.

Dice Nachtwey: Il mio punto di vista nelle storie che racconto è quello delle persone che le stanno vivendo e che ne soffrono le conseguenze.

Molte immagini sono veri pugni nello stomaco, finestre su realtà terribili, capi d’accusa verso potenti e guerrafondai, senza altra attenuante se non l’estrema bellezza: il loro valore estetico aggiunge infatti forza alla comunicazione e alla drammaticità delle situazioni. La scelta della perfezione formale è funzionale al messaggio: per imprimersi nella mente di chi guarda una foto deve essere ‘anche’ straordinariamente bella.

E il messaggio è un messaggio di pace. Nachtwey non è infatti un fotografo di guerra, come si definisce solitamente chi fa il suo mestiere, ma è un fotografo di pace, anzi per la pace: il suo occhio fa da testimone affinché sempre più persone imparino dalla storia, e impediscano il ripetersi in futuro.

Una fotografia che rivela il vero volto della guerra è per definizione una fotografia contro la guerra.

 

Memoria sarà a Palazzo Reale fino al 4 marzo, non perdetela se potete. Questo il link alla pagina del sito del Comune, per prezzi e orari. Poi la mostra proseguirà in un tour in diversi musei del mondo.

Ovviamente non vi do il consiglio di andare con i vostri nipotini piccoli. Ma se avete un/una nipote adolescente considerate di andare con lui o lei: la mostra è dura, ma è giusto che anche i più giovani si confrontino con i fatti del mondo. E poi Nachtwey comunica anche uno splendido entusiasmo per il proprio lavoro e per la fotografia in generale, che porta ad altissimi livelli di perfezione.

E’ stata fatta l’intelligente scelta di spiegare ogni foto con un’ampia didascalia e di dedicare a ogni situazione un’introduzione storica che aiuta nella comprensione. Anche se su alcuni di questi quadri generali ho avuto qualche perplessità, perché in contrasto con l’equidistanza tra le parti che emerge sempre dalle foto di Nachtwey.

Questo è il sito di Nachtwey, per chi volesse approfondire.

In copertina una magnifica maternità durante il conflitto del Darfur, in Sudan, e qui di seguito qualche altro ritratto femminile della mostra.