Da vicino nessuno è normale: un cappuccetto rosso senegalese

Da vicino nessuno è normale, diceva Caetano Veloso in una sua celebre canzone.

E questa frase, geniale e profondamente vera, è diventata il titolo di una rassegna teatrale che da oltre vent’anni si svolge d’estate a Milano. Il festival è organizzato dall’associazione Olinda nell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, il simbolo milanese della legge rivoluzionaria voluta da Franco Basaglia per l’abolizione dei manicomi, diventato un grande spazio aperto alla cultura e alla popolazione. Inoltre, nelle sere d’estate, il parco dell’ex O.P. è un’oasi verde preziosa per tutta la città.

In estate, tra giugno e luglio, al Pini si svolge un fitto programma in cui si alternano spettacoli teatrali, concerti, workshop, performance di danza, e anche la festa di una radio a cui sono molto affezionata, Radio Popolare.

Ma lo spettacolo di cui voglio parlare adesso è uno spettacolo di teatro per bambini. Si tratta di Thioro, un cappuccetto rosso senegalese.

Credo siamo tutti d’accordo che Cappuccetto Rosso sia la favola per antonomasia, la prima che viene in mente alla maggior parte di noi, la prima che i bambini imparano ad amare: nella versione più tradizionale dei Fratelli Grimm (quella ancora precedente di Perrault non la consideriamo, perché nonna e Cappuccetto non sopravvivono), o in quelle mediate dalle diverse culture e riletture, o anche dal fatto che ormai ci dispiace per il ruolo in cui abbiamo relegato il povero lupo.

Nella versione amata da Jimi (che negli ultimi tempi mi chiede quella, e soltanto quella) il lupo cattivo, dopo l’operazione forzata all’addome per estrarre nonna e nipote, viene ricucito e decide per sempre che è migliore una dieta vegetariana, diventando così un lupo buono (e adoro come lo dice Jimi).

Ma al Pini è stata presentata una versione ancora più particolare di Cappuccetto. Si tratta infatti di uno spettacolo ideato in Senegal, nel villaggio di Diol Kadd, dove un’associazione culturale lavora insieme al Teatro delle Albe, italiano di Romagna, coinvolgendo i giovani e creando per loro e con loro un’alternativa di lavoro e di vita.

Lo spettacolo, grazie all’intreccio di diverse lingue e livelli di comunicazione, porta gli spettatori alla scoperta non del bosco, ma della savana, e all’incontro non con il lupo, ma con Buky la iena, in un viaggio immaginifico attraverso l’Africa.

Questo progetto fa incontrare la fiaba europea con la tradizione africana, portando ad emergere il fatto che narrazioni basate o ispirate al tema di Cappuccetto Rosso (e di altre storie che consideriamo culturalmente nostre) possano avere radici e sviluppi simili anche in Asia, in  Africa o in Sudamerica.

Inutile dire l’importanza che hanno, di questi tempi, i lavori che mirano a integrare le culture, a favorire le contaminazioni tra tradizioni e luoghi geografici diversi, che creano meticciati teatrali, che portano insomma a una conoscenza reciproca di tradizioni e narrazioni differenti. Ricordiamo, tra l’altro, che il Senegal è la patria dei griots, i più grandi storyteller dell’Africa e forse del mondo, poeti e cantastorie a cui era (ed è ancora, in parte) affidato il compito di conservare la tradizione orale di generazione in generazione, e che sono stati definiti vere biblioteche viventi, come li ha definiti il poeta presidente Léopold Sénghor.

E quindi, ci siamo fatti cullare da questo Cappuccetto Rosso contaminato che ci ha guidato non nel tradizionale bosco di stampo mitteleuropeo, ma attraverso l’ambiente della savana. D’altra parte, ormai ci siamo abituati, ma alle nostre latitudini anche noi conosciamo un ambiente molto diverso da quello descritto due secoli fa dai Fratelli Grimm, e i bambini italiani hanno forse più presente i platani di un parco urbano o alcuni tratti di profumata macchia mediterranea, rispetto alla Foresta Nera della tradizione popolare tedesca. Ma questo non ci stupisce più. E chissà, forse un giorno, ampliando la nostra conoscenza della geografia del mondo e delle sue culture, sentiremo vicine anche storie provenienti dai quattro angoli di questo (in fondo piccolo) nostro pianeta.

 

A questo proposito, ricordo la bellissima (e storica) raccolta di fiabe del mondo che racconto in questo post.

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