La mia amica Tineke, una di noi: figlia, mamma, nonna

Tineke (rigorosamente l’accento è sulla prima sillaba, quando l’ho conosciuta anni fa ci ho messo un po’ ad impararlo) è un’amica che abita nella zona del lago, in un paesino vicino al mio. E’ olandese, ma ormai italiana per scelta e per amore da moltissimi anni. E’ una splendida grafica, una vera artista, una mamma e l’anima dell’AGBD (l’Associazione dei Genitori di Bambini con sindrome di Down) delle nostre parti. Qui ci racconta del suo triplo ruolo di figlia, mamma e nonna, che è anche quello in cui molte di noi si riconoscono.

Figlia, mamma, nonna

Quando sono tornata dalla mia vacanza estiva, durata meno di tre settimane, sono stata accolta dalla mia nipotina con un abbraccio stretto stretto, carico di amore. Le ero mancata! Mi commuovo ancora adesso mentre lo scrivo.

Ho passato le vacanze di quest’estate in Olanda, con mio marito e mio figlio, a casa dei miei genitori. Sono una figlia fortunata perché sono davvero una coppia fantastica:  87anni lui, 84 lei, pittori, sportivi e in gambissima.

Nei primi giorni della mia vacanza olandese mi sono fatta coccolare da loro. Non ho cucinato, non ho lavato i piatti (un efficiente lavoro di squadra che loro svolgono rigorosamente a mano). Non ho pensato al lavoro e al volontariato che, durante l’anno, occupano la maggior parte mio tempo. Ho persino letto tre libri che mi aspettavano da tempo. Insomma, ho fatto la figlia.

Proprio la lettura di un libro (‘La treccia’, di Laetitia Colombani, scrittrice francese che è stata una bellissima scoperta e che consiglio) mi ha fatto riflettere su questo strano mix di identità in cui mi ritrovo nella mia vita quotidiana.

Certo, sono ancora la figlia che telefona ‘a casa’ una volta alla settimana, ma sono prima di tutto mamma. Mamma per mia figlia che vive non molto distante da noi con il suo compagno e due splendide bimbe di tre anni e mezzo e otto mesi. Quando avevo la sua età lavoravo a Milano tutti i giorni e non avevo aiuto dai nonni, perché non c’erano. Così cerco, quando posso, di aiutarla, ma sono ancora una mamma lavoratrice. La nonna paterna li accudisce come nonna comanda, io ci sono per una levataccia alla settimana e nei weekend. Ma del fatto di essere nonna parlerò dopo.

Sono anche mamma del mio secondogenito, Andrea, nato 28 anni fa con la sindrome di Down, che vive ancora in casa. Si sta preparando a lasciare il nido, ma ci vorranno ancora alcuni anni prima che sia in grado di organizzarsi a sufficienza. E quindi rimango ancora mamma: brontolo per la stanza in disordine e per il frigo saccheggiato, devo partecipare alle riunioni con gli operatori che lo seguono, con i responsabili del suo lavoro (in un ristorante che abbiamo aperto come associazione, ma questa è un’altra storia che vi racconterò), con il mister di calcio.

Quando sono uscita di casa, seguita dopo poco dalle mie sorelle, avevo 19 anni. Mia mamma riprese subito in mano la sua vita di lavoratrice fuori casa, ricominciò a dipingere, organizzò la sua vita di coppia con mio padre. Io, invece, vivo la vita di coppia solo ogni tanto, per esempio quando Andrea lavora all’ora di pranzo o di cena, oppure quando va via per il weekend con il centro che lo segue o con la fidanzata in montagna.  E a quel punto, sinceramente, io e mio marito ci sentiamo spaesati. Perché siamo ancora immersi pienamente nel ruolo di genitori.  E ci divertiamo anche, in questa difficile ma bellissima avventura.

E poi, taratatà! Da tre anni e mezzo sono anche nonna di Emma, bionda, curiosa, precisa, allegra e sveglia!

“Nonna, sei la mia nonna preferita…” “Ma no! e la nonna Rita che ti ha cresciuta, che ti viene prendere all’asilo e ti porta al parco, che è tutta morbida e coccolona?” “Si, la nonna Rita è bravissima, ma tu sei un po’ matta!”

Emma sorridente

E quindi, eccoci qua. Ogni volta che ci vediamo ci scambiamo le novità: mi racconta che all’asilo è successo questo, che è andata con la mamma là,  che ha fatto un lavoretto con il papà, eccetera. Adora le calcolatrici, le costruzioni con il meccano, le macchinine, i libri e anche cucinare. Insieme seminiamo zucche, cogliamo i frutti dell’orto (qui un bel libro sull’orto, di una brava illustratrice, olandese anche lei), che poi finiscono in cucina dove prepariamo cose buone. Quando aveva due anni ha imparato a fare gli gnocchi con mano delicata e per lei lavare verdure nel lavandino in ginocchio sulle sedia è stato sempre puro divertimento. In cima nell’armadio di legno c’è una scatola di latta con le ‘melle’, le caramelle piccole del signor Leone, il nostro segreto: una nella mano sinistra, una nella destra e una in bocca. Me le chiede sottovoce nell’orecchio.

Ha un feeling particolare con suo zio Andrea, lo cerca sempre e passano ore parlando tra loro, disegnando (per lei lo zio rinuncia, anche se con fatica, ad alcuni dei suoi pastelli preferiti), oppure suonando insieme tutti i tipi di strumenti immaginabili, come si può vedere in questa foto di un po’ di tempo fa.

lo zio Andrea (sinndrome di Down) che suona con la piccola

L’amore di Emma è incondizionato, puro e spontaneo. Con lei sono tutto quello che deve essere una nonna: orgogliosa (anche se odio i post delle altre nonne con nipotini bambolotti, quasi quasi ci casco anch’io) e coccolona (‘non mi toccare i capelli, nonna!’). Sono la nonna che legge i libri per bambini che avevo impaginato quando ancora non sapevo che avrei avuto dei nipoti, quella che fa provare le avventure un po’ pericolose (sono convinta che se non provi non puoi conoscere il pericolo), quella che prenota gli aerei per andare a trovare i bisnonni in Olanda, ma anche quella che dice “no”, perché alcune regole sono importanti e si devono trasmettere.

Spero di dare un contributo all’avventura della sua vita, di aiutarla a trovare autostima, di mostrarle la bontà che c’è in (quasi) ogni persona, di farle scoprire i suoi talenti e di spronarla a inseguire i suoi sogni. Di rispettarla nella sua personalità, per quella che già è e per quella che diventerà.

Adesso è arrivata anche un’altra nipotina, Camilla, ancora bisognosa dalla sua mamma, ma che si fida già della nonna, alla quale fa umidi baci, con la quale canta in olandese (finalmente ho trovato qualcuno che non mi mette il broncio quando parlo in questa strana lingua) e con la quale si possono fare le pernacchie quando si mangia la pappa con gli spinaci.

Camilla con il broncio

E’ bello avere un’altra nipote che mi ama senza condizioni, perché è naturale o chissà perché.  Comunque, in ogni caso, spero per sempre.
Perché essere figlia, mamma, nonna è un grande dono della vita.

nonna Tineke con Emma e Camilla

Qui un altro racconto di nonna Tineke.

Qui altre storie di nonne e nipoti.