Le mie risicatissime nozioni di cucito risalgono all’età di sette, otto anni, quando mi capitava di trascorrere qualche giorno a Parma a casa della impeccabile zia Pomponia. In realtà la zia non si chiamava Pomponia. Questo era il nome di una nobildonna romana, famosa per la sua serietà e intransigenza in famiglia. Penso che l’altero personaggio fosse comparso a mia madre in qualche traduzione dal latino durante gli anni del liceo, e la perfida non aveva perso l’occasione di affibbiarne il nome alla zia, che in realtà si chiamava, banalmente, Maria.
Sì, certo, impeccabile è l’aggettivo più indicato a descrivere la zia, in quanto aveva l’innato dono dell’eleganza. Aveva imparato a cucire in Africa, dove confezionava bellissimi abiti per le mogli degli ufficiali e dei diplomatici. Tornata a Parma e finito il periodo della guerra, la zia aveva deciso di lavorare nel laboratorio di una sarta. Questa era una donna molto simpatica e piuttosto chiacchierona, che aveva con sé quattro o cinque giovani ragazze in apprendistato. Nel laboratorio mi divertivo un sacco, anche se a me non era ovviamente concesso toccar nulla, se non delle pezzette di scarto con cui fare le mie prove e sognare un giorno di confezionare qualche vestito per la mia amata bambola Poldina. Da allora il buio totale.
Poi due anni fa ho voluto iscrivermi a un corso di taglio e cucito. Adoro questo mondo femminile in cui si fanno andare di pari passo mani e lingua: lo adoro non perché ami particolarmente il pettegolezzo, ma perchè l’incontro di più donne indaffarate in una qualsiasi attività rende subito il contesto accogliente e piacevolmente rumoroso.
Imparare l’autonomia
Così, in questi giorni ho deciso di tornare ai ricordi della zia Pomponia e a divertirmi con il cucito. L’occasione è nata dall’idea di costruire dei telai su cui Olmo possa imparare a usare tutte le allacciature che quotidianamente (e non solo: ce ne sono per tutti i gusti nei miei quadretti) trova in giro per casa.
Da circa un anno e mezzo hanno diagnosticato al mio piccolino una sindrome dello spettro autistico e prontamente i suoi genitori si sono rivolti ad un centro che si occupa di bambini disabili. Pensando proprio a lui e al suo bisogno di imparare a essere autonomo, ho quindi proposto ai suoi educatori questi miei oggetti per giocare e apprendere, che naturalmente sono stati accolti con grandissimo entusiasmo.
I telai delle allacciature sono materiali che hanno origine nella scuola montessoriana, dove l’attenzione all’autonomia dei bambini e delle bambine è sicuramente un punto fermo della didattica. Di idea originale quindi non c’è un gran che, se non la scelta delle stoffe e la pregevole manifattura (mi lodo da sola!).
Ho chiesto perciò di aiutarmi a un’amica, Valeria, sempre ben disposta a far girare in testa le rotelle; e così, sul tavolo della mia cucina, siamo partite. Un vero divertimento: in compagnia gli errori non si calcolano più e ci si gratifica spesso e volentieri. In breve tempo ci siamo convinte di aver fatto un capolavoro!
Ecco ora il procedimento.
I materiali
I materiali necessari sono tanti e i più vari. Io sono partita da oggetti che avevo già in casa:
- macchina da cucire,
- sparapunti,
- stoffe di ogni pesantezza e colore,
- bottoni di colori, fattura e dimensioni diverse,
- ganci,
- velcro,
- bottoni automatici grandi,
- alamari,
- fibbie,
- stringhe,
- pinze per bretelle,
- cerniere.
Ho dovuto acquistare solo
- 10 cornicette in legno 20×30,
- un’imbottitura leggera di lana sintetica.
L’esecuzione
Per ogni finestrella
- cucite due sacchetti utilizzando stoffe diverse. Per le dimensioni basatevi su una metà della cornicetta, tenendo conto delle abbondanze: una per fissare la stoffa al legno e una per sviluppare l’allacciatura; dato che le allacciature sono diverse, alcune avranno bisogno di più abbondanza, altre meno;
- lasciate scucito il lato che verrà fissato poi sul bordo più corto della cornicetta;
- imbottite con il foglio di lana sintetica;
- quindi cucite sulle due ante delle finestrelle le varie allacciature, tenendo presente che per i bottoni dovrete fare delle asole, mentre per altre allacciature un’anta sarà più grande dell’altra perchè andranno sovrapposte;
- infine, fate ben aderire la stoffa sui bordi corti della cornice e, sul rovescio, fissate la stoffa sul legno con la sparapunti.
Qui un altro post su metodo Montessori e autonomia.
Anche questa riflessione di montessoriacasa.com è molto interessante.
Molto carina la tua idea sprona all’autonomia! Non sono molto pratica con ago e filo. Ma ci proverò a realizzarlo per i miei bimbi
sì, in fondo non bisogna essere sarte perfette, solo un po’ creative. e poi giocare con le stoffe, abbinarle, ecc. è molto divertente.
Io veramente adoro questo blog e tutte le voci che ci fa sentire. La storai zia Pomponia, poi, è bellisima!
ah, sì, la zia Pomponia è mitica. Patti, che vive in una famiglia accentuatamente matriarcale, ha un sacco di storie così.
Bellissima la storia della zia e la caricatura che ne viene fuori. Altrettanto bello e utilissimo questo metodo per aiutare i bambini ad apprendere.
grazie! é un metodo veramente utile e divertente per tutti i bambini, non solo per quelli in difficoltà.
Bellissima idea! Sicuramente da adottare!! la mia nipotina non ha ancora imparato ad allaccirsi le scarpe perche’ da piccina usava sempre le scarpe col feltro. Comode, chiaro, ma ora ha qualche problema con i lacci! 😀
eh sì, ogni difficoltà da superare porta a una conquista importante.