La lezione della nonna

Sappiamo tutti quale importanza abbia il ruolo educativo di una nonna nella vita di una o di un nipote, quale fondamentale punto di riferimento costituisca.

Il suo campo d’azione è vastissimo, elastico, multiforme. È affettivo e ludico, ma anche didattico. La nonna è esperienza e saggezza, ma anche educazione alla fantasia. Forse non tutte le nonne corrispondono a questa ricchezza di elementi, ma per me è stato così.

I miei ricordi d’infanzia scorrono all’indietro per cercare quando ho cominciato a sentire la presenza della nonna nella mia vita.
Ricordo che dovevo essere abbastanza piccola, sicuramente ancora all’asilo, quando avevo il privilegio di passare qualche tempo, forse una o due settimane, a Nervi in albergo con i nonni che andavano in riviera in inverno per cambiare un po’ aria.

Lei era una vera matriarca, sicuramente aveva una grande personalità. L’immagine che ho nella mente è quella di una donna sicura di sé, allegra, con una risata contagiosa e piena, un senso incredibile dell’umorismo (che la mamma non aveva assolutamente ereditato da lei), un sorriso stupendo che le illuminava il bel volto simpatico. Era determinata e dotata di una sensibilità ed empatia che la portavano a essere protettiva e assolutamente combattiva a beneficio di tutte le vittime, o quelle che lei riteneva tali, del mondo.

Mi amava molto, mi viziava molto, mi educava molto, mi coccolava molto, mi insegnava molto. Mi dava grande autonomia, ma quando mi faceva fare i lavori di casa con lei, fin da quando avevo sei anni, la sua gentile autorevolezza non ammetteva repliche: era mio dovere e basta. Il dovere era infatti per lei la cosa più ovvia e basilare dell’esistenza: della sua come quella degli altri, bambini compresi.

Da lei ho ricevuto la prima grande lezione della mia vita.
Ogni volta che andavamo a trovare lei e il nonno in campagna, la nonna preparava per me e mio fratello piccoli giochi da poco prezzo che a noi piacevano moltissimo: palloni gonfiabili con l’elastico, palline colorate ripiene di sabbia, girandole, ecc. Li lasciava appesi alla ringhiera della scala, in modo che li trovassimo appena entrati.

Una volta, in una di queste occasioni, potevo avere 6 o 7 anni, ai piedi della scala non trovammo niente. Immaginate la nostra sorpresa; a malapena, io che ero la più grande, riuscii a chiedere alla nonna perché. La risposta fu chiara e vera, come se dovesse spiegare a un’adulta.

A causa della malattia del nonno, avevano gravi problemi economici e non potevano più permettersi tutto ciò che si erano permessi fino a quel momento. E anche noi bambini avremmo dovuto fare la nostra parte per aiutarli.

Capii e ne rimasi molto impressionata. Anzi, non ho mai più dimenticato quel momento, che già allora percepii come una vera e propria lezione di vita. Ci ho ripensato molte volte in tutti questi anni: quel piccolo dispiacere mi aveva permesso di cominciare a uscire dalla mia incosciente fanciullezza, di percepire per la prima volta che il mondo forse era più complicato di come lo vivevo, senza tuttavia sentirlo come una minaccia.

Senza farmi mancare l’amore e il supporto affettivo, la nonna era riuscita a comunicarmi il concetto di rinuncia, e soprattutto che nulla deve essere mai dato per scontato.

Certo, non è che mi ricordo sempre di questo insegnamento, e mille volte ho sbattuto la faccia contro la vita, ma la voce della nonna che spunta in un angolo del mio cervello mi ha spesso aiutato a rimettere i piedi per terra e ad andare avanti.