Una questione di amore

Dopo il racconto del Pride di nonna Ginetta, Elena ricorda il periodo seguito al coming out di suo figlio Andrea.

Una questione di amore

Sono ormai passati 13 anni dal giorno in cui nostro figlio ha fatto coming out. Sebbene il ricordo di quei primi momenti sia ancora vivido in me, la nostra vita familiare è ormai da così tanto tempo simile a quella di tutte le famiglie dove regna amore, armonia, solidarietà e piacere della reciproca compagnia, che mi capita di restare stupita quando qualcuno mi chiede come parlare ai bambini piccoli di orientamento sessuale diverso dalla maggioranza. Senza parlare di quando qualcuno si fa paladino dei sentimenti dei piccoli ritenendo da censurare le manifestazioni affettive tra due persone dello stesso sesso.

Io ho una nipotina. E’ ancora piccola, è vero, ma ama tutti i suoi zii: per lei non c’è differenza se la zia Silvia sta con lo zio Teo o lo zio Andrea sta con lo zio Federico. Lei sa che loro si amano, come si amano la sua mamma e il suo papà, o la sua nonna e il suo nonno.

Come mi piacerebbe che per tutti fosse semplicemente così: una questione di amore. Non importa di quale sesso è la persona di cui ci si innamora. La cosa importante è che ci sia rispetto, gentilezza, fiducia, gioia. Basterebbe così poco a far sparire le inutili sofferenze di quando si viene a sapere che tuo figlio, o tua figlia, è omosessuale.

Ricordo quei giorni

Io non lo sapevo: dicono che una mamma se lo sente, ma io non me lo ero proprio immaginato che mio figlio fosse gay. All’epoca, pur non avendo nulla in particolare contro le persone omosessuali, ero convinta che i gay parlassero in modo effeminato, camminassero strano e continuassero a gesticolare. Pensavo anche che le lesbiche avessero tutte i capelli cortissimi, giocassero a calcio e vestissero sempre da maschio.

Allora non sapevo che solo una piccola percentuale risponde a questi modelli e che invece la maggioranza è completamente ‘invisibile’. Così, quando mio figlio, che non ha assolutamente nulla che possa indurre il sospetto che sia omosessuale, mi ha detto di essere gay mi sono sentita la terra franare sotto i piedi.

Probabilmente lottava da tempo contro questo suo essere non conforme alle aspettative di tutti, le sue comprese, e pensava di portare grande dolore, delusione e disvalore all’interno della famiglia. Ma si era innamorato di un ragazzo e non voleva, e non poteva, pensare di vivere di nascosto questa sua realtà. Me lo disse tra le lacrime, aveva bisogno di sapere che la sua famiglia lo avrebbe comunque amato e accettato.

La prima cosa che di istinto mi venne di fare fu di abbracciarlo e dirgli che avrei avuto un genero di più e una nuora di meno e che quindi non cambiava nulla. Anche mio marito gli confermò il nostro amore incondizionato. Poi riunì gli altri figli: “ Vostro fratello probabilmente avrà una vita più difficile: noi dobbiamo fare quadrato intorno a lui” e così è stato.

Ricordo le lacrime perché pensavo a quale vita difficile, magari di isolamento, aveva davanti mio figlio, e non sapevo cosa fare. Mi faceva anche soffrire il pensiero della sofferenza che mio figlio aveva vissuto senza che me ne fossi accorta: ero stata una mamma troppo distratta. Mio marito è stato fantastico: ha accolto la mia tristezza, ma mi ha tranquillizzata, dicendomi sempre che tutto sarebbe andato bene.

Una notizia di questo tipo va comunque metabolizzata. Ricordo in quel primo periodo il bisogno impellente di sapere, di capire che cosa fosse l’omosessualità e che cosa potessi fare per aiutare mio figlio ad avere una vita felice.  Da subito ho pensato che bisognava permettergli di essere se stesso alla luce del sole, di poter parlare liberamente dei suoi sentimenti. Doveva poter condividere con il resto della famiglia le sue amicizie e dare visibilità al suo amore portando a casa la persona di cui si era innamorato. Da allora, la mia casa si è riempita anche di ragazzi e ragazze gay e lesbiche che hanno stretto amicizia con le altre mie figlie e i loro amici e fidanzati.

La realtà di mio figlio mi ha fatto sentire il bisogno di lavorare, soprattutto con i giovani, per una corretta informazione e la riduzione dei pregiudizi nei confronti delle persone omosessuali. Una società via via più inclusiva e accogliente sarebbe stata anche una società dove mio figlio e i suoi amici avrebbero potuto sentirsi sicuri e felici.

Ho pensato che la prima cosa da fare era spiegare nelle scuole (ai giovani, ai genitori, agli insegnanti, agli educatori) che l’omosessualità è solo una variante naturale della sessualità. Non è una scelta di vita, non è peccato, non è malattia o perversione, non è nulla di contro natura. E’ solo una variabile naturale, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita,  che nel mondo coinvolge una persona su 10.

Come genitori, parenti o amici, l’unica cosa che conta deve essere che il nostro caro sia felice e potrà esserlo solo se saprà che noi lo amiamo per quello che è, che gli siamo vicini e che lo rispettiamo, anche nei suoi momenti di crisi. Non ho detto ‘accettiamo’: nessuno vuole essere semplicemente accettato dalle persone che ama! Anche il termine ‘incluso’ non è corretto: implica l’idea di qualcuno dalla parte del torto che viene inglobato in una società  perfetta, dalla parte della ragione.

Sono consapevole che noi siamo stati genitori fortunati: nostro figlio ci ha amato e ci ama abbastanza da voler poter essere veramente se stesso con noi, senza segreti, potendo condividere i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue gioie e i suoi dolori e anche i suoi amori. Sono tanti i ragazzi e le ragazze che preferiscono tacere e nascondersi, magari trasferendosi lontano dalle loro famiglie o fingendo di essere ciò che non sono. Forse risparmiano ai loro genitori uno shock iniziale, ma li privano anche dalla gioia di conoscere il proprio figlio o figlia, i suoi sentimenti e la sua vera vita.

Il pensiero torna quindi a mia nipote, alla sua gioia di quando può giocare e farsi coccolare dai suoi tanti zii e zie: come è giusto che sia, non ha preconcetti. Come mamma, come nonna e come donna mi auguro che in futuro per tutti scompaiano i falsi moralismi su ciò che si deve ritenere giusto o sbagliato, riscoprendo l’incanto dell’incontro con l’altro, senza i filtri della paura, del sospetto, del giudizio.

 

zio Andrea e zio Federico con la nipotinaa
Qui zio Andrea e zio Federico con la nipotina

 

Qui la cronaca di un’altra giornata di testimonianza a Milano per le famiglie arcobaleno.

Questo il link al sito dell’AGEDO nazionale.

Qui il punto sulle unioni civili omosessuali in Italia di Neodemos, il foro di osservazione sulla demografia.