L’Obiettivo 13 e i racconti di una nonna inuit

L’Obiettivo 13 dell’Agenda 2030 ci impone di fermare il riscaldamento globale. Tutto il pianeta soffre di questo fenomeno che sembra davvero inarrestabile e in progressivo peggioramento. Ma chi sta già ora vedendo cambiare radicalmente la propria vita sono soprattutto i popoli del caldo e i popoli del freddo. Da un lato gli abitanti delle zone predesertiche, che vedono avanzare velocemente la desertificazione, e quindi l’arrivo di siccità, infertilità, carestia… Dall’altro le comunità umane che vivono nelle terre del nord, nell’area artica, dove gli habitat glaciali si stanno pericolosamente restringendo.

Nel libro “Possiamo cambiare il mondo” ai ragazzi e alle ragazze racconto, tra gli altri, l’Obiettivo 13 e la lotta contro il riscaldamento globale. Racconto anche il progetto di un’azienda che produce sostenibilmente e che mi ha dato lo spunto per narrare una storia di nonni e bambini.

Nelle terre del ghiaccio

«Siila, sei pronta?» «Sì, mamma, sto infilando gli stivali!»

La mamma la sta aspettando in auto insieme al fratellino Natan: è domenica mattina e stanno andando a pranzo dai nonni. Siila sale di corsa e sistema la cintura di sicurezza. «Eccomi! Quanto ci mettiamo?» «Mettiti tranquilla, ci vorrà quasi un’ora. Hai portato un libro da legge- re?» Per raggiungere la cittadina dei nonni, Iqaluit, bisogna attraversare diversi chilometri di steppa.

Siila e la sua famiglia sono Inuit e Iqaluit è la capitale del vastissimo territorio inuit situato a nord del Canada.

«Ho voglia di vedere i nonni: mi mancano molto i loro racconti.» Soprattutto la nonna, con la sua voce melodiosa, è bravissima a raccontare: è tanto brava che la comunità la invita a scuola una volta alla settimana per parlare della cultura del popolo inuit, quando ancora era nomade. Gli Inuit hanno cominciato a vivere in abitazioni stabili solo cinquanta anni fa: pian piano hanno abbandonato gli igloo, abitati durante l’inverno, e le tende di pelle, che servivano per gli spostamenti durante l’estate, la stagione di caccia.

Quando arriva, Siila non può che travolgerla di domande. «Nonna com’era la vita allora?»
«Be’, era molto più scomoda, certo, ma a me piaceva. Bisognava combattere contro tanti nemici: il freddo, la fame, le tempeste di neve. Per procurarci il cibo avevamo solo la caccia e la pesca, o la raccolta dei vari tipi di bacca. Imparavamo tutti a cacciare, anche da piccoli. Ora la vita è più semplice: possiamo comprare il cibo al supermarket, le nostre case sono ben riscaldate, abbiamo la televisione e Internet. Ma non abbiamo più quello stretto rapporto con la natura che hanno avuto i nostri antenati per secoli.»

«È per questo che continui a raccontare le vecchie storie ai bambini?» «Certo, perché non dimentichino le nostre origini, la civiltà da cui siamo venuti e che continua ad appartenerci, anche se sta cambiando molto rapidamente.»

Interviene anche il nonno, con un sospiro: «Vedi, Siila, il riscaldamento globale sta mutando il nostro territorio, non ci concede la possibilità di sopravvivere restando legati alle nostre radici e alle nostre tradizioni. La temperatura aumenta in tutto il pianeta, ma per noi la situazione è più difficile. Da un lato, nelle zone vicino ai poli il fenomeno è molto più veloce, tanto che non ci lascia il tempo di adattarci. Dall’altro, noi siamo legati, forse più di altri popoli, alle risorse del territorio in cui viviamo. Per nutrirci, per vestirci utilizziamo soprattutto quello che regala la natura. Se si ritirano i ghiacciai, se la stagione invernale diventa più corta, se diminuiscono gli animali che possiamo cacciare, si rompe l’equilibrio grazie al quale siamo sempre vissuti».

«E noi cosa possiamo fare, nonno?» «Possiamo far sentire la nostra voce. Dobbiamo tenere sotto controllo il cambiamento e far capire a tutta l’umanità quale rischio sta correndo il territorio artico. Ma attenzione: il nostro non è un discorso egoistico. Il ghiaccio artico è il condizionatore della Terra: se si sciolgono i ghiacciai polari le conseguenze saranno gravi per l’intero pianeta. Perciò è importante che tutto il mondo si impegni per l’ambiente, modificando i comportamenti nella vita quotidiana in ogni luogo. Noi Inuit viviamo prima degli altri gli effetti del cambiamento climatico e, con la nostra esperienza, possiamo essere una guida per il resto del pianeta, indicando anche la strada per uno stile di vita più sostenibile.»

Il parka degli Inuit

Le attività produttive sono tra i principali responsabili del riscaldamento globale. Molte aziende, però, sono attente alla sostenibilità (Obiettivo 12 dell’Agenda 2030: consumi responsabili e sostenibili).

Per esempio, Canada Goose, che produce abbigliamento, si è impegnata a ridurre a zero le emissioni di gas serra, a usare solo energia rinnovabile, a eliminare il consumo di plastica, a riutilizzare ogni scarto di lavorazione. Inoltre è promotrice del progetto Students on Ice, grazie al quale ogni anno centinaia di ragazzi di tutto il mondo possono conoscere da vicino il ghiaccio dell’Artico e i pericoli che corre.

Tempo fa l’azienda ha invitato due sarte inuit a insegnare i metodi di cucitura tradizionali e ai dirigenti è venuta un’idea: perché non chiamare giovani designer inuit per progettare dei parka, le giacche caldissime tipiche del loro popolo? Ne sono stati prodotti diversi modelli, utilizzando materiali moderni, ma con i metodi di lavorazione antichi. I guadagni delle vendite sostengono le popolazioni inuit nella lotta contro il riscaldamento globale e per la conservazione della loro cultura.

 

Ecco altri post del blog che raccontano gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030:

  • questo e questo post sull’Obiettivo 5 (raggiungere la parità di genere)
  • questo post sull’Obiettivo 14 (proteggere mari e oceani).

 

L’illustrazione di copertina è di Ilaria Zanellato.