Addio a Luis Sepúlveda

Io e Sepúlveda avevamo una cosa in comune di cui andare orgogliosi: una nonna di Livorno.

Questa sua radice italiana, anzi toscana, contribuisce a spiegare il profondo legame di questo meraviglioso scrittore con il nostro Paese. Molte delle sue opere, infatti, sono state pubblicate prima in Italia che altrove.

Ho letto diversi suoi libri, ma scorrendo il catalogo di Guanda scopro che sono molti di più di quanti ne conoscessi. Me li andrò a cercare, senza dubbio.

All’impegno personale, sempre contro il potere costituito, sempre in prima fila in decine di battaglie politiche, sociali, anche ecologiste, questo leone mapuche univa davvero una dote di grande narratore.

E chi l’ha sentito parlare dal vivo dice che i suoi scritti sono niente rispetto alla sua capacità di affabulatore orale. Non è difficile da credere: per quanto ne so, le sue parziali origini livornesi hanno certamente contribuito.

La memoria è la pietra angolare che sostiene tutta la mia architettura di uomo e scrittore.

Ci ha lasciato ieri, Sepúlveda, per il maledetto corona virus. Ci ha lasciato troppo giovane, con troppe cose ancora da raccontare e da farci capire. Continueremo ad ascoltare la sua voce tra le parole dei suoi libri.

Addio, Luis.

Da Il vecchio che leggeva romanzi d’amore:

Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia.

Non perdiamo l’occasione di leggere (o rileggere) con i nostri nipoti la Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.

Vola solo chi osa farlo.

 

In questo post una bella storia cilena.