Pandemia

Chi avrebbe detto allora, al tempo del primo lockdown, che dopo un anno saremmo stati ancora nel pieno della pandemia, e ancora con più paura, stanchezza, preoccupazione per il futuro nostro e dei nostri figli e nipoti…

D’altra parte la mia prima influenza pandemica la contrassi a due anni di vita. Mia mamma racconta che ci ammalammo io e mio padre, ma lei ne rimase immune (o asintomatica, chissà, non c’erano i tamponi) e poté così accudirci.

Allora non se ne resero ben conto, non c’erano i media, né l’attenzione sanitaria di adesso. Si era usciti da poco dalla guerra e un’epidemia di influenza non sembrava davvero così grave. Eppure… eppure il virus circolò per alcuni anni e in tutto il mondo causò da uno a quattro milioni di morti, non si sa esattamente. In Italia contrasse la malattia un italiano su due, 26 milioni di persone, oltre l’80% dei giovani, con circa 30 mila decessi. In quei giorni mia nonna raccontava a tutti di esssere sopravvissuta alla spagnola

Qui di seguito riporto un paragrafo di un volumetto che ho scritto insieme ad altri come allegato ai libri De Agostini su cause, dati, conseguenze nei vari settori economici e nell’organizzazione delle città. Qui si parla di questa e di alcune altre pandemie. L’estate scorsa non pensavo fosse il caso di realizzarlo,  ritenevo che parlare di cause ed effetti delle epidemie sarebbe diventato presto un tema ormai obsoleto. Poco lungimirante, vero?


Non è la prima pandemia

Epidemie e pandemie fanno parte della storia dell’umanità da quando gli uomini hanno iniziato a organizzarsi in comunità. In ogni epoca le malattie infettive hanno inciso radicalmente sulle società in cui sono comparse, cambiandone in modo decisivo l’economia e anche la storia. Allo stesso tempo, la loro insorgenza e diffusione dipende sempre più dalle trasformazioni che l’uomo ha operato sugli ecosistemi.

La peste

Già nell’antichità si erano verificate varie epidemie di peste, una malattia letale e dalle cause allora sconosciute. Particolarmente devastante e mortifera fu quella che nel VI secolo si diffuse nei territori dell’Impero bizantino e prese il nome dell’allora imperatore Giustiniano. In seguito la peste nera, che dall’Asia arrivò in Europa a metà del XIV secolo (1346-1353), fu una vera pandemia: colpì regioni di tre continenti e uccise in pochi anni oltre un terzo della popolazione europea. Solo alla fine dell’Ottocento si scoprì che il batterio responsabile della peste veniva trasmesso dai ratti agli uomini per mezzo delle pulci. Ancora oggi casi di peste si registrano in Asia, Africa e Sudamerica.

Il vaiolo

Questa malattia virale, rimasta endemica per millenni, aveva un tasso di letalità del 30%.
Si manifestava principalmente con eruzioni cutanee, lasciando evidenti cicatrici ai sopravvissuti. Si rivelò particolarmente letale e contagiosa nelle Americhe, dove arrivò con i colonizzatori e decimò la popolazione autoctona. In Asia fu praticata a lungo la vaiolizzazione, inoculando materiale infetto in persone sane per renderle immuni. Lady Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese in Turchia, fu la prima a introdurre questo metodo in Europa nel XVIII secolo. In seguito, il medico inglese Edward Jenner scoprì che gli allevatori che avevano contratto il vaiolo bovino difficilmente venivano colpiti da quello umano: nel 1796 Jenner formulò il primo vaccino antivaioloso che permise di debellare quasi completamente la malattia in Europa e in Nordamerica. Nel resto del mondo, invece, il vaiolo continuò a colpire con epidemie ricorrenti. Solo nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò ufficialmente eradicata questa malattia.

L’influenza spagnola

Nel 1918, quando la Prima guerra mondiale era ormai al termine,si verificò una delle più grandi pandemie della storia: la cosiddetta influenza spagnola. Uccise più di 50 milioni di persone nel mondo, con un tasso di mortalità altissimo tra i giovani in buona salute (mentre di solito l’influenza stagionale è letale per i più anziani e gli immunocompromessi). L’ondata influenzale fu chiamata “spagnola” solo perché i primi a parlarne furono i giornali spagnoli, che non potevano attribuire le vittime del virus a operazioni belliche visto che il Paese era neutrale. In realtà resta ancora incerto il luogo d’origine del virus, ma tra le ipotesi più ricorrenti compaiono USA, Cina e Francia. Di certo il virus si propagò rapidamente in tutti i continenti, favorito sia dagli spostamenti delle truppe sia dalle pessime condizioni igieniche e sanitarie del tempo. Nel 1920 la naturale mutazione genetica del virus e gli effetti delle politiche sanitarie posero fine alla pandemia.

Le influenze asiatiche

Nel 1957 fu registrato in Cina un virus influenzale di origine aviaria.
In meno di un anno si diffuse su tutto il pianeta provocando oltre un milione di vittime, prevalentemente tra i giovani. Negli anni successivi il virus subì una mutazione e un nuovo ceppo, conosciuto come influenza di Hong Kong, si manifestò nel 1968. Il vaccino che l’OMS aveva approntato per la precedente pandemia si dimostrò perciò inefficace e la nuova influenza si diffuse in tutti i continenti, con un analogo numero di morti.

Il virus dell’HIV

Il virus dell’immunodeficienza umana è responsabile di una sindrome caratterizzata dall’indebolimento del sistema immunitario, nota con l’acronimo inglese di AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome). I primi casi si sono registrati negli
Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta e da allora il virus si è diffuso in tutto il mondo, causando circa 32 milioni di morti. Nonostante gli ingenti investimenti, non è stato trovato ancora un vaccino. Nei Paesi più ricchi, però, la mortalità è molto diminuita grazie sia a terapie adeguate sia a campagne di informazione e prevenzione. Nell’Africa subsahariana, invece, l’HIV resta una delle principali cause di morte.

I coronavirus

I coronavirus sono virus che circolano tra gli animali; alcuni di essi infettano anche l’uomo provocando malattie respiratorie. I tipi di coronavirus responsabili di malattie negli esseri umani sono sette; quattro di essi causano forme lievi di raffreddore, mentre gli altri tre possono essere letali:

  • il SARS-CoV-1 è stato identificato nel 2003 come responsabile dell’epidemia della sindrome respiratoria acuta grave (Severe Acute Respiratory Syndrome, SARS); iniziata in Cina alla fine del 2002, la SARS ha causato in otto mesi più di 8000 casi in 33 Paesi;
  • il MERS-CoV è stato identificato nel 2012 come la causa della sindrome respiratoria mediorientale (Middle East Respiratory Syndrome, MERS); l’infezione non è mai scomparsa e a dicembre 2019 si contavano circa 2500 casi e 861 morti;
  • il SARS-CoV-2 è il “nuovo coronavirus” identificato in Cina alla fine del 2019 e responsabile dell’attuale pandemia di COVID-19.

grafico pandemie

Le cause ambientali

La comunità scientifica internazionale concorda sull’esistenza di uno stretto legame tra le epidemie e le trasformazioni compiute dall’uomo sugli ecosistemi. Gli interventi antropici in campo ambientale possono infatti modificare le dinamiche di insorgenza e diffusione delle patologie.

L’aumento della densità di popolazione e la distruzione di molti habitat faunistici compromettono gli equilibri naturali, determinando condizioni ambientali ideali per il potenziamento degli agenti patogeni. Circa tre quarti delle malattie che affliggono la specie umana sono trasmessi da animali (zoonosi), in gran parte da esemplari di fauna selvatica.

La deforestazione e la diffusione delle attività umane in spazi sempre più vasti del pianeta hanno portato a una perdita di biodiversità e a contatti più frequenti con “popolazioni serbatoio”, vettori di cariche virali e batteriche per loro spesso innocue, ma patogene per la nostra specie. Ne è un esempio il virus Ebola, responsabile di diverse epidemie nel continente africano e per il quale si è riusciti a ottenere un vaccino nel 2019. La trasmissione all’uomo avviene dai pipistrelli, spinti a frequentare insediamenti umani in seguito alla perdita del loro habitat.

Il salto di specie (spillover in inglese) può anche avvenire attraverso un ospite intermedio: animali di allevamenti intensivi, come è accaduto nel 2009 con l’influenza suina, oppure specie selvatiche. Situazioni a forte rischio di contagio si verificano in quelle zone dove è diffuso il consumo di carne di animali selvatici (rettili, uccelli, piccoli mammiferi), venduti nei mercati, vivi o macellati sul posto.

Anche il riscaldamento climatico ha facilitato la diffusione di malattie trasmesse da insetti, come quelle innescate dai virus Zika e Dengue. La zanzara del genere Aedes aegypti, vettore di questi virus, un tempo era diffusa solo nella fascia tropicale, ma ora sta espandendo il suo habitat verso nord a causa dell’aumento di temperatura. La deforestazione favorisce questa minaccia: le zone boschive sono infatti l’ostacolo più efficace contro il ristagno d’acqua, ideale per lo sviluppo delle larve delle zanzare.

Le epidemie virali hanno effetti devastanti dove è massima la concentrazione di abitanti, come nei grandi insediamenti urbani. Anche la crescente velocità dei trasporti
e la più intensa circolazione delle persone favoriscono la diffusione mondiale dei virus.

 


In copertina particolare della tavola sulle grandi epidemie, illustrazione di Ilaria Zanellato, dal mio libro “Possiamo cambiare il mondo“, Mondadori ragazzi.

le grandi epidemie, illustrazioni di Ilria Zanellato, dal libro "Possiamo cambiare il mondo", Mondadori ragazzi