Pochi giorni fa, Tineke ha portato le sue nipoti a giocare con le mie. Mentre chiacchieravamo in giardino, il mio ibiscus le ha fatto affiorare un ricordo di quando era bambina. E così me lo ha raccontato.
L’ibiscus di nonna Tine
Mia nonna Jantine, chiamata Oma Tine da noi nipoti (‘oma’ significa ‘nonna’ in molte lingue germaniche), era rimasta vedova in età relativamente giovane: aveva infatti solo 53 anni quando suo marito morì d’infarto durante una riunione di lavoro. Erano entrambi olandesi. Il nonno era architetto; nel dopoguerra aveva seguito la costruzione delle fattorie nei nuovi polder, i terreni guadagnati al mare con sistemi di drenaggio molto avanzati. Quando era rimasta vedova, Tine aveva ancora un figlio in casa, uno scapolone anche lui architetto, mentre le due figlie erano andate a vivere con i rispettivi mariti.
Durante l’inverno, io, le mie due sorelle più piccole e il nostro cane restavamo dalla nonna per tre settimane. Il medico condotto dei nostri genitori era infatti un dottore che seguiva metodi naturali: invece di prescrivere loro il valium, gli consigliava di andare a sciare in Austria. Per tutto l’anno si allenavano: dopo anni di addestramento avevano imparato così bene a sciare che partivano per zone impervie con una guida, pelli di foca e amici impavidi, restando per tre settimane sulla neve.
Per noi era una festa stare dalla nonna: la scuola era raggiungibile a piedi, invece della mezz’ora di bicicletta (sotto la solita pioggia olandese) necessaria da casa nostra. Ogni sera, la nonna ci preparava una cenetta diversa, dando il meglio di sé in cucina. Io, poi, ero particolarmente felice, perché dormivo nella stanzetta piccola al piano superiore, con il “mio” lenzuolo con il bordo ricamato (che adesso possiede mia nipote Emma), invece che in una stanza con il letto a castello insieme alle mie sorelle, come a casa.
Sicuramente per la nonna era un periodo particolarmente intenso. Oltre a portare fuori il cane, un bel cane da slitta, che la trascinava correndo nel parco, aveva la responsabilità di tre ragazze piene di iniziativa, per usare un eufemismo. Inoltre, doveva accudire il figlio che viveva ancora in casa e che mal sopportava questa intrusione.
Mia sorella non amava mangiare e si faceva girare in bocca il cibo per un tempo interminabile: lo zio, impaziente di alzarsi da tavola, la pagava 5 centesimi se finiva entro un termine stabilito. A me, invece, insegnava a pescare e a giocare a scacchi: all’epoca reputavo questo gioco una tortura, in seguito l’ho apprezzato, ma molto tempo dopo.
Alla domenica si andava tutti a messa, sempre. Quindi il sabato sera bisognava lucidare le scarpe. Ne avevamo un paio solo a testa, di quelle rigide, con la pelle indistruttibile. Quindi, la nonna ci forniva una scatola di lucido, spazzolino e spazzolone, e via a strofinare.
Ma…
Ma la nonna aveva due piante sul davanzale, dei bellissimi ibiscus che, tanti anni prima, per un compleanno, il nonno le aveva regalato. Non erano come le piante che in Italia troviamo a volte addirittura a dividere le corsie dell’autostrada: erano solo due piccole piantine in vaso. La nonna, però, le amava moltissimo e le curava con attenzione. Tra il legno e la lastra di vetro del suo tavolino da té, un mobiletto con due ante dove custodiva anche le tazzine di porcellana decorata, la nonna aveva infilato due foglietti dove annotava i fiori che spuntavano agli ibiscus durante l’anno, un foglietto per ogni pianta.
Ecco, forse Oma Tine si sarà chiesta come mai, durante la nostra permanenza, i suoi conti risultavano sempre sballati. Io e le mie sorelle, infatti, avevamo scoperto che i fiori sfioriti dell’ibiscus erano degli ottimi lustrascarpe: bastava una strofinata e le scarpe diventavano lucide da specchiarsi! Così noi, la domenica prima della messa, di nascosto lustravamo le nostre scarpe con i fiori dell’ibiscus del nonno, risparmiandoci tempo, energie e lo spiacevole odore del lucido.
Oma Tine, naturalmente, non l’ha mai scoperto e, imperterrita, ha continuato a prepararci i suoi manicaretti, sempre diversi e appetitosi, con tanta pazienza e un gran sorriso. Che bello il ricordo della mia nonna!
Nella foto di copertina c’è Tine bambina, allevata da sua nonna perché la mamma era morta giovanissima, non ricordo se di parto o di spagnola.
Questa è invece la foto del matrimonio con Opa (nonno) Gerbrand.
Qui Oma Tine a 95 anni.
Cercate nel blog altri ricordi di nonne, come quello raccontato nel post sulla nonna Clelia.
Che belli questi ricordi, storie affascinanti e dolcissime e le foto poi… Grazie per raccontarle.
Grazie Silvia! E’ un piacere raccontare storie che altrimenti andrebbero dimenticate nel giro di un paio di generazioni.
ciao grazie per i tui racconti sulla nonna
io ricordo la nonna Maria Addolorata che sorrideva sempre e stava sempre seduta sulla poltrona. Ricordo la nonna Teresa con cui giocavo a carte a scopa e vinceva sempre lei e io mi disperavo e lei rideva. È bello ricordare i ricordi e il tuo blog ne da la possibilità. Fa bene alla psiche ricordare il passato. grazie
Che bella questa storia d’altri tempi! L’Ibisco è un fiore a cui sono molto legata anch’io perché li coltivavo nel giardino della mia casa in Thailandia durante i 3 anni di vita là…
Grazie, Federica! Immagino che in Thailandia gli ibiscus crescano meravigliosi! Desidero da tempo visitare quel paese, adesso i viaggi sono a forzatamente a breve raggio, ma mi auguro di progettare un viaggio nel futuro.