L’eredità della nonna

Mia madre dice che sono “nata di corsa”. Mi ha raccontato che il giorno del parto aveva la sensazione che stessi correndo dentro di lei: dovevo uscire, uscire, uscire… In fondo sono sempre stata così anche nel corso delle mie esperienze: per me la vita va vissuta fino all’ultimo, agendo e non soltanto parlando.

In realtà, solo oggi me ne rendo davvero conto, oggi che sto cominciando a raccontare ai miei nipoti la mia vita. Fare la nonna aiuta a fare il punto di una vita.

Ho vissuto poco accanto a mia figlia durante la sua prima gravidanza. Lei abitava a Barcellona e io allora lavoravo in un luogo fisso in Italia, quindi non ho sentito molto l’attesa dell’arrivo. Ma tutto è cambiato quando sono arrivata in Spagna per il parto e soprattutto la notte della nascita di Nicolò.

L’eredità della nonna

Ero sola e camminavo lungo il mare davanti all’Hospital del Mar, dove doveva partorire Ilaria. Pensavo al fatto che era arrivato il momento e che, in fondo, non me ne ero resa conto fino ad allora.

Rividi nel ricordo le mie nonne: la dolce e silenziosa nonna Delfina, sempre in cucina, e la focosa e battagliera nonna Matilde (chiamata Zilde), presente ovunque che tranne in cucina. Nella mia memoria loro erano vive: viva era l’aria di sfida di una e viva l’aria di silenziosa testardaggine dell’altra. Una sempre a testa alta, l’altra a capo chino, ma nessuna delle due remissiva, lo ricordavo benissimo. Mi soffermai a pensare che ognuna di loro aveva fatto per me, nel contesto sociale e culturale in cui vivevano, qualcosa di grande, veramente grande.

E allora, che cosa avrei lasciato io a questo bimbo che stava arrivando? Quale sarebbe stata la vera eredità della nonna? Quale ricordo avrebbe avuto di me? Quali azioni buone avrei fatto per lui? Volevo che anche Nicolò conservasse qualcosa di veramente utile della sua nonna. In lui c’era anche una parte di me e io avrei dovuto prendermi cura di lui, al pari di sua madre e suo padre. Che cosa sapevo fare da potergli lasciare?

Anche se fino ad allora avevo lavorato con altri scopi, quando mi arrivò sul telefono la foto di un neonato “ruggente”, ecco quello fu il momento in cui davvero iniziai una carriera seguendo la mia predisposizione naturale.

Il mio impegno per il futuro

Sono geologa. Ho lavorato sempre nel settore del rischio ambientale, anche in zone di guerra. Lì può capitarti di andar oltre i tuoi compiti di geologo e trovarti a tenere fermo un paziente che il chirurgo opera senza anestesia. Puoi dover tagliare i capelli a un bambino per potergli ricucire i lembi di una ferita oppure decidere di spostare delle sepolture per evitare l’inquinamento delle falde acquifere.  L’estremo, la difficoltà, l’emergenza sono gli ambiti in cui so dare il meglio. La mia testa funziona così: quando è il momento, per me tutto si ferma, si fa silenzio totale e, come in un tabellone della stazione, la mia mente riaggiorna rapidissima la situazione, mettendo in ordine le azioni da compiere e le loro priorità.

La notte del 29 aprile 2014, la notte della nascita del mio primo nipote, ho capito che avrei dovuto dare il meglio di me utilizzando questa mia abilità. Ma quale era l’ambito dove unire le mie competenze e, allo stesso momento, fare qualcosa da lasciare a mio nipote? Quella notte mi apparve ovvia la conclusione: la crisi climatica del pianeta Terra.

Oggi sono nonna di due bambini; nel frattempo infatti è arrivata anche Alba. Con gioia posso dire che i miei nipoti mi hanno indicato la strada per realizzare quello per cui, credo, sono arrivata su questo pianeta.  In fondo, tutta la vita ho lavorato a prepararmi a questo e loro, Nicolò e Alba, mi hanno indirettamente fornito le indicazioni per trovare gli strumenti migliori per raffinare la scelta.

Quello che posso fare per loro è impegnarmi concretamente affinché questa Terra possa ospitare i miei nipoti e i loro (e quindi anche miei) discendenti, in modo accogliente e sostenibile per tutto il tempo che vi rimarranno. Per loro forse non sarò la classica nonna delle favole, però sarò una nonna che pianta alberi, che lava l’acqua, che fa respirare l’aria.

E poi, in fondo, continuerò ad accendere un bel fuoco per cuocere la zuppa di verdura che piace tanto a Nicolò. Inspiegabilmente, infatti, lui racconta a tutti quanto sono buone le zuppe e il pane e formaggino (!) che gli prepara la nonna!

 

Questo è il link al sito di Plant for the Planet, l’organizzazione ambientalista per cui lavoro.

In questo post un’altra storia di una nonna, Lala, impegnata per la salute dei popoli e del pianeta.

 

La foto di copertina è di Jorge Lizana, il nonno paterno dei miei nipoti: la treccia è mia e le manine sono di Alba e Nicolò.