Liliana e Ann, bambine nella Shoah

27 gennaio Giorno della Memoria, anniversario dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.

Storia di Liliana

Dal prologo di Daniela Palumbo del libro Fino a quando la mia stella brillerà di Liliana Segre, edizioni Il battello a vapore:

Nonna mi racconti di quando eri bambina?

Questo libro nasce da una domanda di Filippo a sua nonna Liliana. Filippo sa che la storia della sua nonna, alta e forte, è diversa da quella dei nonni dei suoi compagni. Sa che Liliana è ‘famosa’, viene invitata nelle scuole e incontra tanti ragazzi per raccontare loro una parte della sua vita che riguarda l’umanità intera. Ma Filippo è un bambino e non sa ancora cosa c’è per davvero dentro quella storia, non conosce i ricordi di nonna Liliana bambina.

Così, lei ha cominciato a raccontare.

Prima, per lungo tempo non aveva trovato le parole. Parlare della Shoah ai ragazzi dei licei è un conto, raccontare l’indicibile a bambini, che magari hanno paura del buio, è certamente un altro. Ma la domanda di suo nipote le permette, anzi le fa sentire l’urgenza di raccontare, finalmente.

Sono diventata nonna e sono riuscita a raccontare la mia storia.

Diventata nonna, guardando i nipoti si rivede bambina, ripercorre le vicende di una ragazzina che deve fronteggiare prove terribili. Si stupisce di come sia stato possibile sopravvivere, di quanto strenua fosse la propria resistenza, quanta la forza, la determinazione nel non lasciarsi andare e nel riuscire a farcela.

Per molti anni, anche con i parenti, i nonni e gli zii con cui ha vissuto gli anni del ritorno, non ha parlato del campo. I primi giorni raccontava qualcosa, della fame e del freddo, ma si rendeva conto che gli altri facevano fatica a capire.

Io parlavo delle condizioni in cui vivevamo ad Auschwitz e loro mi rispondevano che anche loro mangiavano quasi solo patate. Io avevo imparato a sorridere e annuire.

In seguito, con i suoi figli ha continuato a tacere, ‘con loro ho parlato ancora meno che con gli altri’, anche se i suoi ragazzi hanno sempre detto che intuivano il dolore nascosto nel suo non raccontare e questo faceva loro ancora più male.

Poi, ‘divenne pressante la sensazione di non aver fatto il mio dovere’, il silenzio cominciò a pesare come un macigno. ‘Lo dovevo alle persone che sono morte nei lager e anche ai Giusti, tutte le persone che sono state vicine a me e alla mia famiglia in quel tragico periodo.’ Nel 1990 è uscita di casa e ha cominciato a raccontare del campo. E non ha più smesso.

Nel 2015 la nuova svolta. Decide di parlare anche ai bambini in questo libro attento alla loro sensibilità. Le cose più crude dello sterminio non vengono narrate, anche se l’orrore inevitabilmente traspare.

Questo libro coincide anche con la scelta di mettere un punto al suo lavoro di testimonianza:

Ma adesso è venuto il tempo di fermarmi, di dedicare gli anni che mi sono rimasti ai nipoti, a Filippo in particolare che è così piccolo e straordinario. Qualche tempo fa mi ha regalato un disegno con il mare e le onde. Sopra c’era scritto: Nonna tu sei il mare e io sono l’onda.

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Storia di Ann

L’età che aveva Liliana  ha anche un’altra ragazzina internata nello stesso lager, Ann, una delle protagoniste di un altro bellissimo libro, della coraggiosa e terribile storia a fumetti Auschwitz,  di Pascal Croci, illustratore francese, pubblicato in Italia da Il Nuovo Melangolo. Il titolo non lascia dubbi sulla vicenda narrata.

L’albo è il risultato di cinque anni di lavoro: la raccolta delle testimonianze di sopravvissuti di diverse nazionalità, la ricerca storica, la sceneggiatura, i disegni, per arrivare a rappresentare la storia di una delle tante famiglie smembrate e distrutte dalla furia nazista. Il tutto tracciato con un tratto realistico in bianco e nero, anzi soprattutto in grigio, con i personaggi emaciati che si muovono nel campo in una nebbia costante dovuta ai forni crematori.

È un fumetto diretto agli adulti e anche ai ragazzi, magari delle medie? Io non ho una risposta certa. È senza dubbio sconvolgente, come d’altra parte lo è  il libro di Liliana Segre, anche se volutamente sono state tralasciate le parti più drammatiche. Possiamo essere solo noi adulti (genitori, nonni, insegnanti) che abbiamo a che fare con bambini e ragazzi, almeno in parte consapevoli del loro livello di conoscenza di questi argomenti e della loro capacità di metabolizzarli, in grado di decidere. Certo è che dobbiamo stargli accanto: nessun ragazzo deve essere lasciato da solo con i momenti più terribili della Storia.

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Qui la recensione su un altro libro, Io non mi chiamo Miriam, che racconta la storia di una ragazzina rom nel campo di sterminio di Auschwitz e la sua vita da profuga in Svezia, nei suoi ricordi di nonna.

In questo post un’altra storia di una famiglia ebrea italiana.