Storie di nonne e di castagnaccio

Nonna Giulia e il castagnaccio

Mia nonna Giulia era di Livorno. Quando negli anni Venti del secolo scorso si è trasferita a Milano, giovane moglie e madre, si è portata tanto della sua città e soprattutto della cucina toscana mediterranea. Si è portata l’amore per il pesce, la padella nera per il fritto, che nessun altro aveva il permesso di toccare, e un bagaglio di ricette antiche, semplici, gustosissime, trasmesse dalle zie che l’avevano allevata.

Tra queste, come potete immaginare, c’era anche il castagnaccio: quello sottile, bello untino di olio buono. Ricordo ancora la teglia larga che usava, il profumo di rosmarino, il piacere di addentare il pinolo. Da bambina golosa, che però non amava i dolci, lo apprezzavo per quella punta di salato e quella rotondità della castagna che trovavi in ogni boccone. So che insieme ai pinoli si possono mettere le noci, ma nonna Giulia non lo faceva, bastavano, oltre ai pinoli, le uvette. E, naturalmente, il rosmarino.

In rete potete trovare in molti siti la ricetta classica, in genere con poche varianti. In sintesi, ecco il castagnaccio di nonna Giulia, rigidamente senza zucchero, ma la farina deve essere fresca e dolce; a questo proposito ho scoperto che una delle migliori è la Farina di Neccio Dop della Garfagnana.

  • 300 gr di farina di castagne setacciata
  • 50 gr di pinoli
  • 50 gr di uvette
  • mezzo litro d’acqua (ma nonna Giulia andava a occhio)
  • 6 cucchiai di olio (metà nel composto e metà sulla teglia)
  • un rametto di rosmarino
  • un pizzico abbondante di sale

Mescolate acqua, farina e sale, aggiungendo anche metà dell’olio, delle uvette (lasciate qualche minuto in acqua tiepida e poi strizzate) e dei pinoli.

Versate il composto in una teglia oleata, poi cospargete con gli aghi del rosmarino e la parte restante delle uvette e dei pinoli. Completate con i cucchiai d’olio rimanenti.

Infornate per 30 o 40 minuti, a seconda del vostro forno.

Se lo servite tiepido, provate ad accostarci una buona ricotta, non ve ne pentirete.

castagnaccio sfornato

La mamma delle mie amiche Patti, Betti e Simo, nonna e bisnonna Pucci, già famosa in questo blog per le sue favolose merende (come questa e questa), ha però una sua ricetta personale che si allontana un po’ da quella di mia nonna, ma mi ha conquistato per un abbinamento particolare che promette gusto e morbidezza.

Ode alla castagna

Betti propone questa ricetta nel suo blog Casa Chiesi, un blog in lingua inglese che racconta l’Italia (il cibo, i luoghi, le tradizioni, le eccellenze) a chi, dall’estero, ne è innamorato.

Prima però Betti racconta un po’ di storia della castagna e anche qualche curiosità su questo frutto generoso, che magari non tutti sanno. Ho tradotto qui il suo testo per Fantastic Nonna.

La castagna è un frutto molto antico, presente nella dieta umana dai tempi preistorici. Il castagno è anche uno degli alberi più longevi: il decano italiano è chiamato Castagno dei Cento Cavalli. Si erge in Sicilia, sul versante orientale dell’Etna. Alcuni botanici hanno stabilito che la sua età è compresa tra i 3 a i 4mila anni, ed è forse il più vecchio essere vivente esistente in Europa.

Prima della conquista dell’America, quando in Europa non c’erano né patate né granturco, la castagna era il cibo che più di altri contribuiva a combattere la fame e a superare i periodi di carestia. La farina di castagne era usata soprattutto per preparare una sorta di polenta, che anticipava di secoli, forse di millenni, l’attuale polenta di granturco.

Le similitudini sono molte. Come la polenta, il castagnaccio è un cibo economico ma saporito, con qualche accorgimento conservabile per lungo tempo, appagante anche in piccole quantità. E’ poi facilmente digeribile, di alto valore calorico e nutritivo. E’ anche molto sano, perché la sua coltivazione non richiede alcun tipo di concime chimico o pesticida. Ha un alto contenuto di sali minerali, il che aiuta nel corretto funzionamento del sistema cardiovascolare e di quello neuromuscolare, aumentando l’energia e la resistenza alla fatica. Immaginate come poteva essere prezioso in un periodo in cui la disponibilità di cibo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella attuale!

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I miei castagni

Sono contenta di sentir raccontare di castagne. Io abito vicino a un bosco e i castagni circondano la mia casa. Sono alberi belli e forti, dei grandi vecchi, pluricentenari, che vegliano su di noi. La loro forza si è dimostrata anche nell’aver superato una malattia che è durata diverso tempo. Ora sono di nuovo sani, anche se alcuni sono così vecchi che i rami secchi hanno continuo bisogno di potature. Ma altri ne nascono, giovani e vigorosi, in un ciclo continuo della vita.

esterno cancello autunno castagni

L’abbondanza del raccolto dipende molto dal clima, dalla pioggia e dalla temperatura prima che arrivi l’autunno: uno stesso castagno può fare un anno frutti piccolissimi e quasi inutilizzabili, e quello successivo castagne grosse e polpose come dei marroni.

In ogni caso, rispetto a quasi 25 anni fa, quando sono venuta qui ad abitare, si raccolgono sempre meno castagne. Allora vedevi gruppi di ragazzini e intere famiglie che, al momento giusto, arrivavano a fare il carico, riempiendo sacchetti e cassette, spesso facendo arrabbiare gli anziani e legittimi proprietari degli alberi, che erano consapevoli anche del lavoro di pulizia (foglie, rovi, rametti, un intero sottobosco) di cui un castagneto ha bisogno per restare in salute.

Oggi la maggior parte dei boschi è lasciata andare e spesso, nell’intrico inestricabile del materiale al suolo,  è difficile trovare le castagne. Poi, comunque, per raccogliere le castagne ci vuole tempo e fatica e se ci si aggiunge il fatto che fanno anche ingrassare, neanch’io mi metto più a fare questo lavoro, come invece mi capitava nei primi tempi.

Comunque i castagni fanno parte della nostra vita, ed è anche capitato che Paolo li usasse come scenografia dei suoi ritratti di famiglia.

ritratto di famiglia sotto al castagno

La ricetta di Casa Chiesi

Ma non divaghiamo. Per il castagnaccio ci vuole la farina di castagne, che si può ancora agevolmente comperare: l’importante è che sia bella fresca, cioè nuova. Quindi i mesi invernali sono quelli ideali, perché la farina migliore si macina a dicembre. Ecco allora la ricetta di nonna Pucci.

  • 2 etti di farina di castagne setacciata
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 1 bicchiere di latte
  • 1 bicchiere d’acqua
  • 1 pizzico di sale
  • 2 mele, se possibile renette, tagliate in cubetti molto piccoli
  • 1 manciata di uvette
  • 1 manciata di pinoli
  • 2 pizzichi di semi di finocchio
  • 1/2 bicchiere di olio evo

Impastate la farina con acqua e latte, facendo attenzione a che non si formino grumi. Aggiungete il sale e lo zucchero, quindi incorporate le mele e la frutta secca.

Versate l’olio in una teglia (25 o 26 cm di diametro), aggiungete il vostro composto e spolverate in superficie i semi di finocchio. L’olio d’oliva tende ad andare ai bordi: senza aggiungerne altro, raccoglietelo con un cucchiaio e spargetelo sul composto.

Infornate per 25/30 minuti nel forno preriscaldato a 180°. Servite il castagnaccio tiepido o freddo.

Questa versione più morbida rispetto a quella tradizionale è senz’altro da provare: poi decidete voi quale vi piace di più.

 

Le foto sono mie e di Paolo Sacchi.